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Punti Chiave:

Gli smart contract di Bitcoin sono condizioni programmabili incorporate nelle transazioni che permettono di automatizzare regole di spesa (come multisig, time-lock o pagamenti condizionati) in modo sicuro, decentralizzato e trasparente, senza necessità di terze parti.

Bitcoin per i suoi smart contract utilizza uno scripting di programmazione chiamato Script. Questo linguaggio non è Turing-completo, il che significa che consente di programmare funzionalità di base ma ha capacità limitate rispetto ad altri linguaggi per blockchain come Solidity di Ethereum.

Gli smart contract su Bitcoin sono quindi meno versatili di quelli su Ethereum o Solana, ma eccellono in affidabilità, sicurezza, e resistenza alla censura, e sono insostituibili per alcune applicazioni fondamentali.

Gli upgrade Taproot e SegWit hanno ampliato le possibilità contrattuali, migliorando efficienza, privacy e scalabilità degli smart contract di Bitcoin, e introducendo funzionalità avanzate.
Lightning Network è una delle applicazioni di smart contract più rilevanti su Bitcoin, e consente pagamenti istantanei, economici e off-chain tramite contratti ancorati alla blockchain.
Gli Ordinals hanno introdotto gli NFT su Bitcoin, permettendo di scrivere contenuti digitali direttamente nei satoshi, e trasformando la blockchain in una piattaforma anche culturale.
Il boom degli Ordinals ha causato congestione della rete e aumento delle fee, ma ha anche incentivato l’adozione di Taproot e creato nuovi mercati, mostrando l’imprevedibile evoluzione di Bitcoin.
La community Bitcoin è divisa sugli Ordinals, tra chi li vede come spazzatura e chi come una nuova forma d’utilità e incentivo economico per la rete.

Introduzione:

Quando si parla di smart contract, il pensiero va subito a Ethereum e ad altre blockchain programmabili nate per eseguire codice complesso on-chain.

Eppure anche Bitcoin, spesso percepito “solo” come oro digitale o sistema di pagamento, possiede capacità contrattuali potenti e in continua evoluzione e supporta forme di smart contract – seppur in modo più limitato e meno evidente.

In Bitcoin, gli smart contract non sono programmi che girano sulla blockchain come su Ethereum. Sono invece condizioni di spesa incorporate nelle transazioni stesse.

Questo approccio più ristretto nasce da precise scelte progettuali: Bitcoin utilizza un linguaggio di scripting semplice (chiamato Script), non Turing-completo (cioè non in grado di eseguire calcoli complessi).

Tale semplicità riduce i rischi di bug ed exploit, privilegiando sicurezza e prevedibilità rispetto a una flessibilità illimitata.

In questo articolo forniremo una panoramica chiara e accessibile di come funzionano gli smart contract su Bitcoin.

Esploreremo i principali casi d’uso attuali e potenziali – da wallet multi-signature e Lightning Network fino a soluzioni come i Discrete Log Contracts – per capire cosa si può fare oggi (e cosa si potrebbe fare domani) con i contratti su Bitcoin.

Inoltre, confronteremo vantaggi e svantaggi degli smart contract su Bitcoin rispetto a quelli su altre piattaforme leader come Ethereum e Solana, evidenziando le differenze in termini di flessibilità, sicurezza, decentralizzazione e performance.

Infine, dedicheremo un’ampia sezione al fenomeno degli Ordinals: una novità recente che ha portato NFT e articoli da collezione digitali su Bitcoin, generando entusiasmo e dibattiti.

Spiegheremo cosa sono gli Ordinals, come funzionano e quale impatto stanno avendo non solo a livello tecnico ma anche culturale e di mercato – dal collezionismo digitale alle reazioni contrastanti della community Bitcoin.

Iniziamo dunque dai principi di funzionamento: come può Bitcoin, nato come “moneta elettronica peer-to-peer”, gestire contratti programmabili?

Principi di Funzionamento:Come funzionano gli smart contract su Bitcoin? A differenza di Ethereum, dove gli smart contract sono applicazioni autonome che risiedono sulla blockchain e possono gestire stati complessi, in Bitcoin ogni smart contract è semplicemente una condizione incorporata in uno UTXO (Unspent Transaction Output).

Bitcoin infatti utilizza il modello UTXO: ogni transazione produce output non spesi che possono essere usati come input di transazioni future.

Ad ogni output è associato uno script di blocco (locking script) che specifica i requisiti per spendere quei fondi. Per sbloccare l’output, chi spende deve fornire uno script di sblocco (unlocking script) valido – in pratica la “chiave” che soddisfa il “lucchetto” posto dal mittente.

Se la chiave (ad esempio una firma crittografica) corrisponde alle condizioni del lucchetto, i fondi possono essere spesi, altrimenti la transazione non è valida. Questo meccanismo “lock-and-key” è alla base di tutti gli smart contract bitcoin.

Il linguaggio Script di Bitcoin

Il linguaggio che definisce questi lucchetti e chiavi si chiama Bitcoin Script. Si tratta di un semplice linguaggio di scripting non Turing-completo, volutamente limitato: ad esempio non esistono loop o cicli e non esiste uno “stato” globale modificabile.

Questo significa che uno script Bitcoin non può svolgere calcoli infiniti né accedere a variabili persistenti. Può solo verificare condizioni nell’ambito della singola transazione.

Pur essendo poco “espressivo” rispetto a Solidity (il linguaggio di Ethereum), Script è abbastanza potente da gestire condizioni logiche basilari (“se X allora permetti la spesa, altrimenti no”) ed eseguire primitive crittografiche (hashing, firme) su cui si basano la maggior parte dei contratti.

La sua semplicità è un punto di forza in termini di sicurezza: riduce la superficie d’attacco e rende il comportamento più prevedibile.

Non a caso, Bitcoin non ha mai sofferto vulnerabilità paragonabili ai bug di contratti Ethereum (si pensi al DAO hack del 2016) proprio grazie a queste restrizioni deliberate.

Uno script Bitcoin è stack-based, ovvero funziona come una pila di dati su cui vengono eseguite operazioni in sequenza. Ad esempio, il tipo di script più comune è il cosiddetto Pay-to-Public-Key-Hash (P2PKH), utilizzato per gli indirizzi Bitcoin “standard”.

In parole semplici, un output P2PKH blocca i fondi indicando “solo chi può fornire una firma valida per la chiave pubblica il cui hash è X potrà spendere questi bitcoin”. 

Questo semplice “contratto” garantisce che solo il detentore della corrispondente chiave privata possa spendere quei Bitcoin.

Oltre a P2PKH ne esistono di più complessi. Un altro esempio fondamentale è il multisignature (MultiSig): invece di richiedere una sola firma, uno script MultiSig può richiedere che m firme su un totale di n chiavi diverse siano presenti per sbloccare i fondi.
Ad esempio, uno script 2-of-3 MultiSig può stabilire che servano almeno 2 firme valide su un set di 3 possibili chiavi pubbliche per autorizzare la transazione.

Il risultato è che nessun singolo individuo può spendere i fondi da solo, ma qualsiasi coppia autorizzata (2 su 3) può farlo.

I multisig sono uno strumento potente per la custodia sicura e condivisa di bitcoin, ad esempio tra soci di un’azienda, in conti cointestati, o in servizi di escrow senza fiducia. Un caso d’uso reale è il modello 2-of-3 usato da servizi come Bisq e Hodl Hodl per creare depositi di garanzia: due parti e un arbitro condividono un multisig, così che se tutto va bene le due parti firmatarie possono sbloccare i fondi, ma in caso di disputa l’arbitro (il terzo) può intervenire.

Bitcoin Script offre anche istruzioni di time-lock (blocco temporale), che permettono di rendere spendibili i fondi solo dopo un certo tempo (espresso in timestamp o in numero di blocco) oppure dopo una certa sequenza di eventi (ad esempio trascorsi N blocchi dalla creazione).

Ciò consente, ad esempio, di creare output che prima di una certa data richiedono multisig, ma dopo una certa data possono essere spesi con una singola chiave (utile come meccanismo di recupero in caso le firme multiple vadano perdute).

I time-lock sono fondamentali anche per contratti come i canali di pagamento e le scommesse con scadenza, come vedremo.

P2SH e l’evoluzione degli script Bitcoin

In origine, gli script complessi avevano un limite: inserire molti dati o chiavi pubbliche nell’output rendeva le transazioni voluminose e poco pratiche.

Nel 2012 è stata introdotta una soluzione elegante, il Pay-to-Script-Hash (P2SH). Con P2SH, l’output di una transazione non contiene più lo script completo (ad esempio il dettaglio di un multisig con tutte le chiavi), ma solo un hash crittografico dello script.

In sostanza, il mittente “paga” verso l’hash di uno script, rinviando la rivelazione dello script effettivo al momento in cui i fondi verranno spesi.

Quando qualcuno vorrà spendere quei bitcoin, dovrà presentare lo script originale che corrisponde a quell’hash (detto redeem script) insieme ai dati di sblocco richiesti.

Il vantaggio è duplice: risparmio di spazio e privacy. Chi invia verso un indirizzo P2SH non deve preoccuparsi della complessità dello script: paga un costo come se inviasse a un normale indirizzo, e i dettagli contrattuali restano nascosti fino all’utilizzo.

Per esempio, un multisig 2-of-3 può essere pagato con un semplice indirizzo che inizia per “3” (tipico degli P2SH), e solo quando effettivamente i 2 firmatari autorizzeranno la spesa verranno rivelate le chiavi pubbliche coinvolte.

Questo ha reso praticabile su larga scala l’uso di script arbitrariamente complessi, demandando i “dettagli” al momento del consumo.

Con l’avvento di Segregated Witness (SegWit) nel 2017, P2SH si è evoluto ulteriormente in P2WSH (Pay-to-Witness-Script-Hash), spostando questi dati di script fuori dalla parte principale del blocco (nella witness appunto), con ulteriore efficienza di spazio e fee.

Taproot: contratti complessi più efficienti e privati

Un salto ulteriore è avvenuto con l’aggiornamento Taproot, attivato su Bitcoin a novembre 2021. Taproot ha introdotto diverse novità tecniche (tra cui le firme di Schnorr al posto delle ECDSA tradizionali), ma dal punto di vista degli smart contract i benefici chiave derivano dall’introduzione di MAST (Merkelized Abstract Syntax Tree).

In parole semplici, Taproot permette di condurre una logica simile a P2SH ma su scala molto più ampia e flessibile: si può bloccare un output indicando fino a 2^128 diversi script possibili, ognuno corrispondente a un percorso di spesa alternativo, senza dover rivelare tutti gli script inutilizzati.

Gli script sono impegnati tramite un albero di Merkle (una struttura che genera un hash radice rappresentativo di molteplici dati). Solo il ramo effettivamente utilizzato viene rivelato al momento della spesa, mantenendo segreti tutti gli altri percorsi contrattuali non esercitati.

Ciò significa che se, ad esempio, creiamo un output che può essere speso o con un multisig 3-of-5 o dopo 6 mesi con una singola chiave di recupero, con Taproot questa condizione può essere codificata in un unico output.

Se i fondi vengono spesi normalmente col multisig entro 6 mesi, l’altro percorso (chiave singola dopo 6 mesi) non viene mai nemmeno mostrato sulla blockchain.

All’esterno la transazione appare come un output speso normalmente, senza rivelare la logica complessa interna, migliorando così la privacy (osservando la blockchain non si può sapere quali condizioni alternative fossero previste) e anche l’efficienza (si paga solo per il percorso utilizzato, non per tutti i potenziali).

Taproot unifica inoltre gli indirizzi: introduce il nuovo tipo P2TR (Pay-to-Taproot) che in un certo senso combina le funzionalità di P2PKH e P2SH.

Un indirizzo Taproot (che inizia per “bc1p”…) può rappresentare sia un semplice output spendibile con una chiave pubblica Schnorr, sia un complesso contratto MAST con più condizioni – ma in ogni caso dall’esterno appare inizialmente solo come un punto (una chiave pubblica effettiva).

Solo se servirà uno script secondario, questo verrà rivelato. In altre parole, il caso semplice e quello complesso risultano indistinguibili all’atto dell’invio.

Questo è ottimo per la privacy: ad esempio, una transazione di apertura di un canale Lightning basata su Taproot può sembrare una normale transazione a due di due partecipanti, confondendosi col traffico ordinario.

Un effetto notevole di Taproot è stato ampliare enormemente le possibilità contrattuali senza sacrificare la scalabilità.

Taproot ha aumentato la flessibilità, l’efficienza e la complessità gestibile dei contratti su Bitcoin. Inoltre ha portato benefici diretti ad applicazioni come il Lightning Network, rendendo i canali più leggeri e privati (un canale Lightning ora può essere aperto/chiuso con transazioni che assomigliano a normali spend multi-firma, grazie a Schnorr, e con percorsi di chiusura HTLC nascosti nei MAST).

Miniscript merita infine una menzione: è un’iniziativa lanciata da sviluppatori di Blockstream (tra cui Pieter Wuille, sviluppatore di Bitcoin) per rendere più agevole la scrittura e l’analisi di script complessi.

In pratica Miniscript è un sottolinguaggio strutturato di Bitcoin Script che consente di descrivere contratti complessi in modo più leggibile e compositivo.

Ad esempio gli sviluppatori possono usare Miniscript per combinare blocchi logici (AND, OR, soglie di firme, vincoli temporali, etc.) in modo sicuro.

Miniscript garantisce che lo script risultante sia privo di ambiguità e analizzabile automaticamente (si possono calcolare facilmente proprietà come quali chiavi servono in quale combinazione, quali percorsi sono soddisfabili, e così via).

Introdotto come proposta esterna, è stato integrato in Bitcoin Core v25.0 (2023) rendendo possibile utilizzarlo nativamente per costruire wallet con policy avanzate.

In sostanza, Miniscript non aggiunge nuove capacità al protocollo, ma facilita enormemente l’utilizzo delle capacità esistenti, abbassando la barriera per programmare smart contract su Bitcoin in sicurezza.

Principali Applicazioni:Dopo aver visto la “cassetta degli attrezzi” (Script, P2SH, Taproot, ecc.), vediamo come questi strumenti vengono applicati in pratica.

Quali smart contract concreti si possono (o si potrebbero) implementare su Bitcoin? Ecco una panoramica dei principali casi d’uso attuali e scenari potenziali:

  • Multisignature e custodia sicura: come accennato, i multi-firma sono diffusissimi per mettere in sicurezza fondi. A livello individuale, un utente può proteggere i propri risparmi usando un wallet 2-of-3 (ad esempio distribuendo chiavi su dispositivi diversi o coinvolgendo persone fidate) così che un singolo attacco o perdita di una chiave non porti al furto o alla perdita dei fondi. In ambito aziendale, i multisig permettono governance decentralizzata del tesoro: ad esempio una transazione richiede 3 firme su 5 membri del consiglio. In generale, il multisig risolve il problema della fiducia singola e implementa un controllo distribuito sugli asset, rappresentando uno degli smart contract Bitcoin più concreti e usati.

  • Time-lock ed eredità programmabile: i blocchi temporali (time-lock) consentono usi come i vault e la pianificazione ereditaria. Un utente potrebbe bloccare i propri bitcoin in uno script che recita: “fino al 2030 spendibili solo con chiave primaria E chiave di backup insieme; dopo il 2030 spendibili con la sola chiave di backup”. In questo modo, finché l’utente è attivo mantiene la sicurezza forte (richiesta di 2 chiavi, magari conservate in luoghi diversi), ma se venisse a mancare o perdesse una chiave, dopo un certo tempo i fondi diventano recuperabili con una singola chiave (che potrebbe essere detenuta da un notaio o un erede designato). Simili schemi di smart contract per l’eredità o il recupero fondi in caso di incidente sono possibili grazie a Script e ai time-lock, e si prevede possano diffondersi mano a mano che l’ecosistema fornisce interfacce più user-friendly per implementarle.

  • Lightning Network (pagamenti istantanei off-chain): il Lightning Network è spesso citato come esempio di “Layer 2” piuttosto che smart contract on-chain, ma in realtà Lightning è reso possibile proprio da smart contract Bitcoin specializzati chiamati HTLC (Hashed Time-Locked Contracts). Un canale Lightning tra due parti viene aperto con una transazione multisig 2-di-2 su Bitcoin. All’interno del canale le parti scambiano impegni di transazioni condizionali costruite con hash-lock e time-lock (HTLC) che garantiscono che, se una parte cerca di imbrogliare o non collabora, l’altra possa comunque recuperare i propri fondi on-chain. Lightning è così un insieme di smart contract che operano fuori catena ma ancorati alla sicurezza della blockchain di Bitcoin. Il vantaggio è che si possono effettuare migliaia di microtransazioni al secondo a costo bassissimo, riservando alla blockchain principale solo le operazioni di apertura/chiusura canale o di emergenza. Oggi Lightning è uno degli utilizzi più importanti dei contratti Bitcoin, e supporta un’intera rete di pagamenti istantanei globali su BTC.

  • Atomic swap e interoperabilità: gli atomic swap sono smart contract che permettono lo scambio diretto di asset tra due diverse blockchain in modo trustless. Sono ottenuti interamente con smart contract (HTLC – Hashed Timelock Contract) su Bitcoin e sull’altra catena compatibile, senza intermediari. Gli atomic swap sono già ampiamente in uso in Bitcoin e varie altcoin, e gettano le basi per una maggiore interoperabilità tra blockchain.

  • Contratti con oracoli (DLC): un limite di Bitcoin Script è l’incapacità di riferirsi a eventi esterni (prezzi, risultati sportivi, ecc.) perché – a differenza di Ethereum – Bitcoin non ha un meccanismo nativo di oracoli on-chain. Tuttavia, è possibile implementare contratti che dipendono da dati esterni usando astuzie crittografiche. I Discrete Log Contracts (DLC) sono una tecnica proposta per scommesse o contratti finanziari basati su oracoli esterni. Funzionano così: due parti (es. Alice e Bob) scommettono su un evento futuro (es. “entro fine anno BTC > 100k$?”). Mettono i fondi in un output multisig 2-di-2. Nel frattempo scelgono un oracolo di fiducia (una fonte dati) che alla scadenza emetterà una firma digitale su un messaggio che attesta il risultato (ad esempio una firma sul messaggio “BTC>100k: SÌ” oppure “…: NO”). Grazie a una proprietà delle firme digitali, quella firma dell’oracolo può essere utilizzata come chiave privata per sbloccare i fondi dell’indirizzo 2-di-2, ma solo da uno dei due scommettitori, a seconda del messaggio firmato. In pratica, se l’oracolo firma “SÌ”, allora Alice potrà generare una chiave privata (derivata matematicamente dalla firma) che le consente di spendere tutti i fondi; se firma “NO”, invece sarà Bob a poterli spendere. L’oracolo non controlla direttamente i soldi e non sa nemmeno su cosa sta incidendo la sua firma: semplicemente pubblica una firma come prova del dato, e gli scommettitori l’avevano predisposta per risolvere la scommessa. I DLC hanno il vantaggio di essere molto privati (sulla blockchain la transazione di payout finale appare come un normale spend, e non rivela né l’esito né il fatto che fosse una scommessa) e sicuri (l’oracolo non può imbrogliare senza che la sua firma sbagliata sia pubblica, e non può prendere i fondi). Sono stati realizzati prototipi e applicazioni sperimentali di DLC, ad esempio per creare assicurazioni decentralizzate, derivati finanziari e betting platform su Bitcoin senza bisogno di smart contract complessi on-chain. Questo apre la porta a una sorta di DeFi su Bitcoin focalizzata su contratti finanziari “puntuali” e privati, anziché protocolli persistentemente on-chain.

  • Sidechain e layer alternativi: finora abbiamo parlato di cosa si può fare direttamente on-chain con Script. Ma l’ecosistema Bitcoin comprende anche approcci che estendono le funzionalità tramite chain parallele o secondarie ancorate a Bitcoin. Ad esempio, Rootstock (RSK) è una sidechain di Bitcoin che implementa una macchina virtuale compatibile con Ethereum (EVM): si inviano BTC su un indirizzo speciale e si ricevono “RBTC” su RSK con cui eseguire smart contract completi in stile Ethereum; successivamente si possono riportare indietro i BTC attraverso un peg bidirezionale. In questo modo RSK consente di avere token, DeFi e persino NFT sfruttando Bitcoin come asset nativo e come ancora di sicurezza (i nodi RSK sono federati/minati dagli stessi miner Bitcoin tramite il merge-mining). Un altro progetto è Stacks (ex Blockstack), una blockchain di livello 1 separata ma progettata per integrarsi con Bitcoin: le sue transazioni vengono ancorate a Bitcoin tramite un meccanismo chiamato Proof of Transfer, e usa un proprio linguaggio smart contract (Clarity) ottimizzato per evitare bug e prevedere esiti dei contratt. Stacks è stato ad esempio utilizzato per creare marketplace NFT e applicazioni Web3 il cui stato è collegato a Bitcoin, pur avendo capacità contrattuali più avanzate. Infine citiamo Liquid (una sidechain federata di Blockstream) usata soprattutto per scambi istituzionali veloci di BTC e asset tokenizzati: Liquid consente funzionalità di smart contract limitate ma include, ad esempio, emissione di token rappresentativi (L-Assets) su base Bitcoin. Tutte queste soluzioni – Lightning, sidechain, drivechain – puntano ad ampliare l’universo di ciò che si può fare con Bitcoin senza dover modificare radicalmente le regole base on-chain. Spesso sono considerate layer aggiuntivi: i contratti più complessi girano off-chain o su chain laterali, ma i fondi finali e la sicurezza ultima risiedono sempre su Bitcoin.

In sintesi, già oggi Bitcoin supporta svariati casi d’uso “smart” oltre al semplice pagamento: custodia condivisa, escrow, canali di pagamento, atomic swap cross-chain, scommesse decentralizzate, emissione di asset (via sidechain) e – come vedremo tra poco – persino articoli da collezione digitali NFT.

Il tutto mantenendo l’enfasi sulla sicurezza e semplicità del layer base. Ma come si posizionano questi smart contract di Bitcoin rispetto a quelli delle piattaforme più blasonate come Ethereum? Vediamo un confronto diretto.

Vantaggi e Svantaggi:Le diverse filosofie di design tra Bitcoin e blockchain come Ethereum o Solana portano a vantaggi e svantaggi distinti quando si tratta di smart contract.

Bitcoin è nato con focus su solidità e decentralizzazione, mentre Ethereum ha spinto sulla complessità e l’innovazione applicativa, e Solana sull’alta performance. Ecco un’analisi comparativa:

Vantaggi di Bitcoin per gli smart contract:

  • Sicurezza e robustezza collaudata: Bitcoin è attivo dal 2009 senza mai subire exploit catastrofici del protocollo. Il linguaggio Script, pur limitato, ha un track record di sicurezza eccellente. La sua semplicità riduce drasticamente i bug: ad esempio, non può incorrere in problemi come reentrancy o overflow che hanno causato perdite su Ethereum, perché non ha chiamate complesse o variabili numeriche non gestite. Inoltre, Bitcoin è protetto da una potenza di mining e da un numero di nodi senza pari, rendendo la sua base molto difficile da attaccare o manipolare. In un contesto contrattuale, questo significa che se blocchiamo fondi in uno script Bitcoin possiamo confidare che le sole condizioni pericolose siano quelle causate da nostri errori, non rischi sistemici della piattaforma.

  • Decentralizzazione e resistenza alla censura: il network Bitcoin è il più decentralizzato. Chiunque può far girare un full node con hardware modesto, e la sua politica di scaling conservativa (block size limit, 10 minuti per blocco) fa sì che la mole di dati resti gestibile da tanti nodi casalinghi. Ethereum e soprattutto Solana hanno requisiti più onerosi (Solana per le sue prestazioni richiede nodi molto potenti, il che ne limita il numero e aumenta la centralizzazione relativa). La decentralizzazione si riflette anche nella governance: Bitcoin cambia lentamente, mantenendo le regole stabili. Per contratti che necessitano resistenza alla censura (es. applicazioni finanziarie sensibili), Bitcoin offre una base neutrale e apolitica – come osservano i sostenitori massimalisti, Bitcoin tende a preservare l’immutabilità e l’indifferenza rispetto al tipo di transazione, purché si paghi la commissione.

  • Prevedibilità e stabilità a lungo termine: Bitcoin è spesso paragonato a un “protocollo lento ma stabile”. Le sue regole fondamentali (max supply di 21 milioni, emissione, struttura UTXO) sono estremamente resistenti al cambiamento. Questo dà maggiore fiducia per programmare contratti che possano durare anni o decenni senza temere hard fork o modifiche dell’ambiente di esecuzione. Ethereum invece ha subito e subirà aggiornamenti significativi (dal passaggio a PoS, ai cambiamenti nell’EVM con Istanbul/Berlin, sharding futuro, e così via) che possono richiedere di adattare i contratti e creano quindi incertezza. Chi implementa logiche su Bitcoin sa che, salvo soft-fork retrocompatibili, lo script rimarrà valido nello stesso modo oggi e tra 10 anni, fornendo certezza dell’ambiente operativo.

  • Privacy (con Taproot): Grazie a Taproot, come visto, contratti complessi possono sembrare transazioni normali. Un indirizzo Taproot può nascondere multisig o condizioni interne che non verranno mai rivelate se non necessario. Su Ethereum ogni smart contract è pubblico, e le interazioni sono visibili a tutti sul ledger (il che ha dato origine alla DeFi “trasparente” ma anche a front-running e analisi sulla blockchain). Bitcoin offre privacy intrinseca maggiore per certe applicazioni, specialmente combinando Taproot con tecniche come CoinJoin o protocolli come DLC dove solo le parti conoscono i dettagli. Questo è un vantaggio per chi vuole costruire applicazioni finanziarie non tracciabili facilmente.

  • Composizione con solidità finanziaria: Bitcoin rimane l’asset digitale più liquido e solido in termini monetari. Gli smart contract su Bitcoin tipicamente usano bitcoin come unità di valore (pagamenti LN, escrow in BTC, collateral in DLC, token collegati a BTC su sidechain). Questo può essere un vantaggio rispetto alle dApp Ethereum dove spesso si maneggiano token volatili o di dubbia solvibilità. Ad esempio, una stablecoin su Ethereum può avere rischi di controparte, mentre un contratto Bitcoin che usa direttamente BTC come posta in gioco beneficia della natura trustless e dell’apprezzamento di Bitcoin stesso. In pratica, costruire sulla base di Bitcoin significa ancorarsi alla criptovaluta storicamente più resiliente, il che per alcuni utilizzi (risparmio, store of value, collaterali) è un plus.

Svantaggi e limiti di Bitcoin rispetto ad altre piattaforme:

  • Flessibilità limitata e sviluppo più complesso: lo svantaggio più ovvio è che Bitcoin non offre la versatilità di un Ethereum o Solana. Il fatto che Script non sia Turing-completo significa che non possiamo semplicemente scrivere un programma qualsiasi da eseguire on-chain. Ad esempio, non si può implementare direttamente su Bitcoin una logica tipo “prendi 1% di questa somma ogni giorno e mandalo a X, poi fai Y se succede Z” in modo automatizzato: mancano i loop, manca uno scheduler interno o la possibilità per un contratto di richiamarne un altro. Su Ethereum questo è la norma – i contratti possono detenere asset, chiamarsi l’un l’altro, reagire a eventi –, su Bitcoin no. Molte funzionalità vanno raggiunte off-chain o con costruzioni manuali. Questo comporta anche che sviluppare su Bitcoin è più arduo: gli strumenti e i linguaggi di alto livello sono pochi (Miniscript è un aiuto recente, ma niente di paragonabile alla maturità di Solidity e framework associati). Serve competenza profonda per creare script complessi senza errori. In breve, per un developer dApp medio è molto più semplice ed immediato lavorare su Ethereum dove può programmare come in Javascript con librerie e tool consolidati, mentre su Bitcoin l’ecosistema di sviluppo è più artigianale.

  • Niente contratti “autonomi” con stato condiviso: su Ethereum un contratto è come un conto con codice che conserva un proprio stato interno (variabili memorizzate) e a cui diversi utenti possono inviare transazioni per interagire. Pensiamo a un contratto di un DEX: mantiene i saldi delle pool e chiunque può inviare un’operazione di swap. Su Bitcoin questo paradigma non esiste. Ogni contratto si trova solo nell’output che crea e viene “consumato” quando la condizione si avvera. Non c’è un account di contratto persistente che possiamo richiamare più volte accumulando dati. Questo limita la possibilità di creare applicazioni come DEX, lending pool, giochi on-chain, etc., a meno di non affidarsi a costruzioni fuori catena o sidechain. Perciò la DeFi on-chain e le dApp complesse sulla rete principale Bitcoin al momento non sono fattibili nella forma vista su Ethereum. Ci sono soluzioni alternative, ma non c’è l’equivalente di un “contratto intelligente” che terze parti possono liberamente chiamare passando parametri, con esecuzione trustless totalmente on-chain. In sintesi, Bitcoin offre contratti come accordi incorporati nelle transazioni, non contratti come servizi autonomi.

  • Scalabilità e velocità inferiori: Bitcoin è ottimizzato per la sicurezza/decentralizzazione a scapito della velocità. La sua capacità on-chain è di circa ~7 transazioni al secondo, con blocchi medi ogni 10 minuti. Ethereum (pur congestionandosi a volte) gestisce ~15-30 TPS on-layer1, con blocchi ogni ~12 secondi, e con i rollup layer2 sta ampliando molto la scalabilità. Solana addirittura processa migliaia di TPS con finalità sotto il secondo in condizioni ideali. Questo gap è rilevante: smart contract che richiedono alta frequenza di interazione o tanti utenti simultanei non possono girare su Bitcoin L1. In termini di user experience, Bitcoin è lento e difficile da usare, mentre Solana punta tutto sull’esperienza fluida. Questo rende Ethereum e soprattutto Solana preferibili per applicazioni consumer, giochi, social network decentralizzati, dove la rapidità è cruciale, mentre Bitcoin rimane adatto a casi in cui la velocità non è prioritaria rispetto alla sicurezza (grossi trasferimenti, riserve di valore, contratti una tantum come DLC).

  • Costo delle transazioni e spazio limitato: ogni funzionalità smart su Bitcoin consuma spazio in blocco (blockspace) che è una risorsa scarsa (1 MB base, ~4 MB con segwit come peso). Non essendoci l’elasticità del gas come in Ethereum (dove i blocchi hanno un gas limit piuttosto modulabile), i contratti Bitcoin competono con le transazioni normali per entrare nei blocchi. In periodi di alto uso della rete (come avvenuto di recente con il boom degli Ordinals NFT), le commissioni possono salire molto e rendere costoso o lento usare contratti on-chain. Ethereum ha avuto commissioni altissime in epoca DeFi 2020-21, ma sta mitigando con layer2 e la situazione anche su layer1 nel 2025 è migliorata molto. Solana ha commissioni di pochi centesimi grazie alla sua enorme capacità gestionale. Bitcoin rimane efficiente per transazioni semplici, ma script più pesanti occupano molto spazio e dunque pagano di più. Inoltre, alcune funzionalità come archiviare file o asset non sono state pensate per Bitcoin: inserirle (come fatto con gli Ordinals) può causare ingorghi nella blockchain e mempool congestionate. Altre piattaforme, come Arweave e Filecoin prevedono nativamente il salvataggio di dati. Su Bitcoin, farlo è una forzatura che comporta costi elevati o inefficienze. Quindi chi volesse implementare certi tipi di contratti su Bitcoin deve tener conto di queste forti limitazioni di spazio e costo sul layer base.

  • Ecosistema e componibilità ridotta: Ethereum ha prosperato grazie a un’enorme comunità di sviluppatori, librerie e interoperabilità tra contratti (la cosiddetta composability: smart contract che chiamano altri smart contract come LEGO del denaro). Su Bitcoin, i contratti sono più isolati e l’ecosistema di applicazioni “Lego” è molto meno sviluppato. Ad esempio, su Ethereum è comune che un’app DeFi utilizzi token standard (ERC20) e li scambi su Uniswap, li depositi su Aave, li sposti su un bridge, tutto con interazioni programmatiche tra contratti. Su Bitcoin non esiste un analogo di ERC20 on-chain (i token richiedono sistemi esterni come Liquid o gli emergenti standard Ordinals che però non hanno la stessa semplicità di interazione dei token Ethereum). Ciò significa che chi vuole costruire un nuovo servizio su Bitcoin spesso deve costruire l’intera struttura da zero (o integrare complessi layer esterni) invece di poter riutilizzare componenti esistenti come farebbe su Ethereum. La velocità dell’innovazione ne risente: basti pensare che in pochi anni su Ethereum sono fiorite migliaia di dApp, protocolli e standard (NFT ERC-721, stablecoin, DAO governance token), mentre su Bitcoin l’adozione di nuovi casi d’uso è molto più lenta e frammentata. Questo non è intrinsecamente negativo (Bitcoin privilegia la qualità sulla quantità), ma va segnalato come svantaggio per chi cerca una piattaforma versatile e completa per smart contract.

Possiamo riassumere alcune differenze chiave in tabella, confrontando Bitcoin con Ethereum e Solana su vari aspetti rilevanti:

Caratteristica Bitcoin (Script) Ethereum (Solidity) Solana (Rust)
Linguaggio smart contract Script (stack-based, non Turing-completo) – semplice ma limitato Solidity/Vyper (simili a JavaScript/Python, Turing-completi) – molto flessibili Rust/C, eseguiti in BPF – alto parallelismo, complessi da sviluppare
Modello di account UTXO: nessuno stato globale, output con condizioni indipendenti Account con stato condiviso (storage interno nei contratti, bilanci a indirizzo) Account, architettura monolitica (stato globale mantenuto on-chain); supporta esecuzione parallela delle transazioni
Turing-complete No – niente loop né contratti interattivi (scelta di design per sicurezza) – contratti arbitrariamente complessi (con conseguenti rischi di bug) – codice arbitrario in Rust/C, ottimizzato per esecuzione veloce
Performance on-chain (TPS) ~7 TPS on-chain (blockchain “lenta” by design, 10 min/block) ~15-30 TPS L1 (12 sec/block; migliaia TPS con layer2 rollup) Migliaia di TPS L1 (teorico fino a ~65k TPS) con finalità ~400ms; altissima velocità ma a costo di requisiti hardware elevati
Decentralizzazione Massima: ~17k nodi completi nel mondo, facile far girare un nodo (PoW resistente) Alta ma inferiore a BTC: requisiti maggiori, ora PoS (alcuni criticano centralizzazione in staking) Più bassa: <2000 validatori attivi, hardware costoso → rete più centralizzata e meno resiliente (diversi downtime storici)
Principali casi d’uso Pagamenti sicuri, riserva di valore, multisig, canali Lightning, swap atomici, escrow, Layer2 per token/NFT (es. Liquid, RSK) DeFi (DEX, lending, stablecoin), NFT (collezionabili, gaming), DAO, applicazioni social, identity, ecc. – piattaforma generale di sviluppo DeFi e NFT simili a Ethereum ma più focalizzati su app ad alto throughput (trading ad alta frequenza, giochi in real-time, payments)
Vantaggi distintivi Sicurezza ultra-testata, stabilità protocollo, forte decentralizzazione, privacy (Taproot), asset BTC robusto Enorme ecosistema e liquidità DeFi, elevata programmabilità, innovazione continua (aggiornamenti frequenti), community sviluppatori vasta Scalabilità e velocità leader, costi per transazione irrisori, UX fluida (transazioni immediate), esperienza utente migliore per app interattive
Svantaggi distintivi Poca flessibilità, difficile sviluppare contratti complessi, throughput basso, minore supporto a dApp complesse (mancano funzioni native per token/NFT), evoluzione lenta Gas fee spesso alte in L1, complessità che porta a bug/hack, maggiore superficie d’attacco, passaggio a PoS con possibili centralizzazioni (es. staking pools), performance limitata su L1 senza L2 Maggior centralizzazione (meno nodi, valida la regola hardware=potere), storico di instabilità (downtime), ecosistema ancora più piccolo di Ethereum, minor resistenza censura (teoricamente)

 

Note: TPS = transazioni al secondo; PoW = Proof of Work; PoS = Proof of Stake. Dati TPS tratti da stime pubbliche: ~7 TPS Bitcoin, ~15 TPS Ethereum prima dei rollup, Solana decine di migliaia TPS teorici. Il numero di nodi è approssimato e in continua evoluzione.

Come si vede, la scelta tra Bitcoin e altre piattaforme dipende dal classico trilemma: sicurezza/decentralizzazione vs. funzionalità vs. scalabilità.

Bitcoin eccelle nel primo aspetto, Ethereum cerca un equilibrio sul secondo (funzionalità) accettando di dover lavorare sul terzo (scalabilità),

Solana massimizza il terzo (scalabilità) sacrificando parte del primo (decentralizzazione). Non esiste una risposta netta su quale sia migliore: per contratti semplici che richiedono massima affidabilità e la base monetaria più forte, Bitcoin è preferibile. Per applicazioni complesse come un’intera finanza decentralizzata o mondi virtuali su blockchain, Ethereum e simili sono allo stato attuale l’ambiente più adatto.

Va detto però che i confini non sono statici: Bitcoin sta lentamente ampliando le sue capacità (Taproot è un esempio, e in futuro si discute di opcodes per covenant che potrebbero introdurre contratti di custodia più articolati, o di sidechain drivechain per portare nuove funzioni), mentre Ethereum sta cercando di migliorare in sicurezza (audit, linguaggi formali) e scalabilità (shard, rollup).

D’altro canto, l’arrivo a sorpresa degli Ordinals su Bitcoin – di cui parliamo nella prossima sezione – mostra come anche sulla piattaforma più conservativa possano emergere usi nuovi ed imprevedibili.

Ordinals, gli NFT su Bitcoin:

Una delle novità più discusse del 2023 nel mondo crypto è stata l’avvento degli Ordinals, che in pratica hanno introdotto gli NFT su Bitcoin.

Per anni si è detto che Bitcoin non poteva avere NFT perché la sua struttura non lo consentiva facilmente. Gli Ordinals hanno smentito ciò dimostrando che è possibile collezionare e scambiare arte digitale e oggetti da collezione direttamente sulla blockchain di Bitcoin. Questo fenomeno ha scatenato entusiasmo, speculazione e anche accese polemiche nella community.

Cosa sono e come funzionano gli Ordinals

In estrema sintesi, il Protocollo Ordinals (sviluppato da Casey Rodarmor e lanciato a gennaio 2023) consente di numerare individualmente ogni satoshi (la più piccola unità di BTC) e di incidere (inscribe) dati arbitrari su di esso.

Inscribe significa includere all’interno di una transazione Bitcoin un file o un pezzo di dati (immagine, testo, audio, video), assegnandolo a uno specifico satoshi che funge da “supporto” unico.

Quel satoshi, da quel momento in poi, porterà con sé l’inscription come parte della sua storia, e potrà essere trasferito tra indirizzi come un qualsiasi satoshi – con la differenza che chi lo possiede possiede anche l’NFT associato.

In pratica, un Ordinal è un satoshi “inscritto” con un contenuto digitale, che lo rende simile a un token non fungibile (NFT) unico e collezionabile.

Tecnicamente, gli Ordinals sfruttano due upgrade chiave di Bitcoin: Segregated Witness (2017) e Taproot (2021). SegWit ha reso possibile muovere parte dei dati delle transazioni (come le firme e script) fuori dal blocco base, inoltre ha introdotto un weight che permette di inserire dati nella witness a costi relativamente ridotti (c’è uno sconto sul peso dei dati nella witness rispetto al blocco base).

Taproot, dal canto suo, ha rimosso i limiti sulle dimensioni degli script witness e ha permesso script molto grandi senza spezzarli in più parti.

Combinando queste due cose, è diventato fattibile inserire file interi (immagini in formato JPEG/PNG, testi, persino video brevi) all’interno del campo witness di una transazione Taproot.

Di fatto, un Ordinal inscription è un particolare output Taproot contenente i dati dell’oggetto digitale come parte di uno script. Il costo in byte di queste iscrizioni è scontato del 75% circa (per via del SegWit discount), il che ha reso economicamente sostenibile infilare dati anche grandi (alcuni Ordinals sono di diversi kilobyte, addirittura un’intera collezione di JPEG su un blocco ha raggiunto il limite di ~4 MB).

In sostanza, gli Ordinals hanno trasformato Bitcoin in una galleria d’arte e oggetti digitali scolpiti nella pietra dentro la blockchain, qualcosa di impensabile prima.

Un’analogia usata è che ogni satoshi diventa come un “serial number” su cui puoi scrivere un contenuto digitale permanente. La numerazione ordinale dà un ordine a tutti i 2.1 quadrilioni di satoshi possibili, ma ciò è più che altro una curiosità: l’aspetto significativo è l’iscrizione che rende un sats unico.

Gli Ordinals hanno preso piede rapidamente. All’inizio erano perlopiù immagini collezionabili: ad esempio, a fine gennaio 2023 sono comparsi gli Ordinal Punks (versioni pixel art stile CryptoPunks incise su Bitcoin) e i Bitcoin Rocks, alcuni dei primi NFT su BTC.

L’idea ha generato subito clamore e alcuni scambi OTC (over-the-counter) per vendere/rivendere questi primi pezzi unici.

Nel febbraio 2023 sono nati i primi wallet e marketplace dedicati: ad esempio Ordinals Wallet e la versione modificata di OpenOrdex come primo mercato decentralizzato.

Anche wallet esistenti come Xverse e Hiro hanno aggiunto supporto per visualizzare e gestire Ordinals.

Pian piano l’infrastruttura si è sviluppata: oggi esistono diversi wallet compatibili (Ordinal Wallet, Xverse, Hiro, UniSat), servizi per iscrivere Ordinals facilmente (OrdinalBot, servizi via browser), e marketplace come Magic Eden (noto marketplace NFT Solana/Eth) che ha lanciato a marzo 2023 il supporto per il trading di Ordinals.

Persino grandi nomi dell’NFT su Ethereum hanno voluto partecipare: a marzo 2023 Yuga Labs (creatori dei Bored Ape) ha lanciato una collezione di 300 opera d’arte generativa su Bitcoin chiamata TwelveFold, venduta all’asta per 16,5 milioni di dollari in totale.

Questo ha dato legittimità al fenomeno e attratto collezionisti cross-chain.

Il boom è stato impressionante. Entro maggio 2023, nel pieno della mania iniziale, si contavano già milioni di iscrizioni. Il grafico seguente mostra l’andamento del numero di Ordinals creati giornalmente (barre, suddivise per tipo di contenuto) e il totale cumulato (linea nera) durante il 2023:

Come notiamo, dopo un avvio lento a gennaio, a febbraio 2023 c’è stata un’impennata enorme. Il picco iniziale è stato trainato da immagini e collezioni d’arte, ma da marzo in poi la parte del leone l’hanno fatta le iscrizioni testuali (visibili in azzurro chiaro nel grafico).

Perché così tanto testo? Perché a marzo 2023 un anonimo (pseudonimo Domo) ha introdotto uno standard chiamato BRC-20, ispirato agli ERC-20 di Ethereum, che permetteva di creare token fungibili su Bitcoin usando iscrizioni di testo JSON. 

In pratica, scrivendo specifiche stringhe di testo come inscription (contenenti ad es. “deploy” di un token con certo supply, o “mint” di tot unità) e seguendo un protocollo interpretato off-chain dai wallet, era possibile emettere token come se fossero “monete” su Bitcoin.

Questo ha innescato la speculazione sui memecoin su Bitcoin: molti hanno creato token BRC-20 (spesso scherzosi come $PEPE, $ORDI), portando a un’ondata di transazioni Ordinals.

In pochi mesi, i BRC-20 hanno raggiunto un market cap cumulato di oltre 1 miliardo di dollari.

Secondo diverse analisi, tra il 75% e il 90% di tutte le iscrizioni Ordinals nei mesi successivi sono state fatte proprio per coniare o trasferire token BRC-20 (dati su maggio-giugno 2023). Questo spiega la prevalenza del colore “testo” (azzurro) nel grafico: ogni operazione BRC-20 richiedeva più iscrizioni di text, creando un ingorgo notevole di UTXO e saturando i blocchi.

Parallelamente, però, continuavano le iscrizioni di arte digitale, meme, collezioni PFP (profile picture) e quant’altro: dagli Ordinal Penguins alle serie di meme storici.

A luglio 2023 il totale di iscrizioni ha superato i 10 milioni; a fine anno 2023 si contavano oltre 24 milioni; al compimento di un anno (fine gennaio 2024) erano già 48 milioni.

Questa crescita esplosiva ha fatto sì che Bitcoin registrasse un numero di transazioni record nel 2023: 153 milioni di transazioni on-chain nell’anno, un aumento del 65% rispetto al 2022, in gran parte grazie agli Ordinals e agli usi ad essi correlati.

Un aspetto interessante è che per alcuni periodi il volume di scambio degli NFT su Bitcoin ha addirittura rivaleggiato (e temporaneamente superato) quello su Ethereum.

Ad esempio, in un periodo di 30 giorni nel Q2 2023 le vendite di arte digitale su Bitcoin hanno raggiunto i 449 milioni di dollari, superando il volume NFT di Ethereum nello stesso lasso di tempo.

Questo dato, sebbene relativo a un hype momentaneo, evidenzia come l’arrivo di NFT su Bitcoin abbia attratto rapidamente capitali e collezionisti, stravolgendo alcune gerarchie nel mercato NFT.

Impatto tecnico: congestione e Taproot adoption

L’impatto tecnico degli Ordinals sulla blockchain di Bitcoin è stato significativo. All’improvviso, blocchi che per anni erano stati ben sotto il limite di peso hanno cominciato ad essere pieni al 100% (4M weight units) quasi costantemente, a causa delle immagini e dati inseriti.

Alcuni blocchi sono arrivati molto vicini al peso massimo consentito: famoso il caso del blocco #778,629 di febbraio 2023, minerato da Luxor, che conteneva un’enorme immagine (una sorta di NFT chiamato “Taproot Wizard”) ed è arrivato a 3,96 MB, il blocco Bitcoin più grande di sempre.

La memoria delle transazioni non confermate (mempool) che per mesi era rimasta spesso vuota (sintomo di bassa domanda) si è riempita di migliaia di tx in attesa.

A maggio 2023, in concomitanza con un’ondata BRC-20, le fee medie per transazione sono schizzate a livelli non visti da anni: l’average fee è aumentata di 25 volte rispetto all’anno precedente.

In certi giorni, per avere conferma in un blocco, servivano decine di sat/vByte di commissione (contro i 1-5 sat/VB tipici del 2022). Alcuni utenti “normali” di Bitcoin si sono lamentati di dover pagare fee più alte anche solo per inviare transazioni comuni a causa della congestione causata dai “JPEG”.

D’altro canto, i miner hanno beneficiato: a maggio ’23 in più occasioni hanno guadagnato più in fee che in reward coinbase per blocco, e in generale hanno visto un boom dei profitti.

Alcuni sostenitori di Ordinals hanno anzi argomentato che questo è un bene per Bitcoin: in futuro le ricompense da mining (attualmente 6.25 BTC per blocco, in dimezzamento ogni 4 anni) spariranno, e la sicurezza della rete dovrà poggiare solo sulle commissioni.

Avere nuovi tipi di domanda (NFT, token) che riempiono i blocchi potrebbe garantire un “mercato delle fee” vivace e quindi incentivi economici per i miner a lungo termine. Austin Alexander, cofondatore di LayerTwo Labs, ha dichiarato: “il lungo termine di Bitcoin richiede che la gente paghi per usarlo; e pagheranno solo se vedono utilità. Ordinals mostra un nuovo tipo di utilità”. Questa visione vede di buon occhio l’uso “non finanziario” di Bitcoin, perché comunque porta valore al network.

Di contro, esponenti storici della community Bitcoin hanno criticato duramente gli Ordinals. Il dibattito si è polarizzato tra puristi e innovatori. Da un lato, figure come Adam Back (inventore di Hashcash e CEO Blockstream) hanno bollato gli Ordinals come un utilizzo “non efficiente dello spazio”, e il core developer Luke Dashjr è arrivato a definire queste transazioni come spam che sfrutta scappatoie del protocollo in modo improprio.

Luke ha persino rilasciato patch per filtrare (censurare) le transazioni Ordinals dal suo nodo e da quello del suo mining pool, suscitando accuse di censorship da parte di altri membri della community.

I detrattori sostengono che Bitcoin è progettato per le transazioni finanziarie, e riempirlo di “arte” va a scapito di chi lo usa per necessità economiche. Inoltre temono che un blockchain gonfia di dati inutili cresca troppo e metta in difficoltà i nodi, centralizzando la rete (l’argomento è simile a quello contro l’aumento dei blocksize).

Alcuni propongono correzioni, ad esempio rimuovere lo sconto witness per rendere costoso inserire immagini (in pratica, scoraggiare economicamente gli Ordinals).

Dall’altro lato, i sostenitori degli Ordinals replicano che la blockchain è permissionless, se le regole consentono questi dati allora è lecito usarle come si vuole – la bellezza di Bitcoin è che nessuno può impedirlo.

Andrew Poelstra, sviluppatore Bitcoin, ha messo in guardia che intervenire per bloccare gli Ordinals potrebbe essere peggio: gli spammer troverebbero modi di nascondere i dati in transazioni apparentemente legittime, rendendo il filtro impossibile e aumentando la complessità.

Paradossalmente, tutto questo scontro ha generato ancora più curiosità verso gli Ordinals.

Un altro effetto positivo tecnico è che gli Ordinals hanno spinto l’adozione di Taproot. Molte iscrizioni richiedono output Taproot. Di conseguenza, la percentuale di transazioni Bitcoin che usano Taproot è salita rapidamente nel 2023, toccando nuovi record.

Il grafico seguente illustra come a febbraio 2023 (primi mesi di Ordinals) la metrica di adozione Taproot abbia avuto un picco:

Come mostra il grafico, prima di Ordinals l’adozione di Taproot era lenta (sotto il 2% per tutto il 2022), ma con l’arrivo delle iscrizioni, molti output Taproot sono stati creati e spesi, portando l’indicatore al suo massimo storico a febbraio 2023.

Quindi, indirettamente, gli Ordinals hanno forzato ecosistema e wallet ad aggiornarsi a Taproot più in fretta del previsto.

Impatto culturale e di mercato

Al di là degli aspetti tecnici, gli Ordinals hanno avuto un impatto culturale notevole nella comunità. Bitcoin, tradizionalmente legato alla narrativa “oro digitale” e pagamento, si è trovato catapultato nel mondo di arte digitale, meme e collezionismo – un territorio prima dominato da Ethereum.

Questo ha generato alcuni interessanti sviluppi:

  • Collezionisti e artisti su Bitcoin: improvvisamente artisti NFT e collezionisti hanno iniziato a interessarsi a Bitcoin. Il fascino di avere un’opera digitale incisa sulla blockchain più antica e robusta è stato un catalizzatore di interesse: alcuni l’hanno definita la ricerca di “digital artifacts”, manufatti digitali incensurabili custoditi su BTC. Collezioni come Ordinal Punks hanno raggiunto valutazioni notevoli sul mercato secondario (diversi BTC ciascuno). Si è creato un nuovo ramo di crypto-arte nativa Bitcoin, con community su Discord e Twitter dedicate agli Ordinals.

  • Revival di progetti storici: l’attenzione sugli Ordinals ha portato alcuni a riscoprire esperimenti precedenti di NFT su Bitcoin. In realtà infatti Bitcoin aveva già “NFT” primitivi anni fa: nel 2014 con il protocollo Counterparty vennero creati token e immagini da collezione (famosa la serie Rare Pepe, carte digitali da collezione su Bitcoin/Counterparty). All’epoca erano considerati curiosità di nicchia. Con Ordinals, alcuni collezionisti di vecchia data hanno rivendicato la storicità dei propri asset e li hanno visti in nuova luce. Ad esempio, un noto collezionista di Rare Pepe (nome utente Cryptochainer) ha dichiarato che “l’interesse verso gli Ordinals è positivo per i collezionisti di arte su Counterparty: la gente nuova andrà a cercare le origini di questa tecnologia, ed è un bene per tutti”, segno che i diversi “dialetti” di NFT su Bitcoin possono coesistere e anzi alimentarsi a vicenda. In breve, gli Ordinals hanno gettato nuova luce su tutta la storia di Bitcoin come piattaforma culturale, non solo finanziaria.

  • Divaricazione nella community: a livello di community Bitcoin, la comparsa degli Ordinals ha un po’ accentuato una spaccatura filosofica. Da un lato i maximalist più puri hanno visto questo fenomeno come un “attacco” allo spirito di Bitcoin, quasi un tradimento della visione di Satoshi focalizzata sul sistema di cassa elettronica. Dall’altro, una frangia più costruttiva ha abbracciato l’innovazione: perché limitare l’uso di Bitcoin se c’è richiesta di mercato per oggetti digitali? Non è forse un rafforzamento del network avere più casi d’uso? Questo dibattito richiama un concetto: “Bitcoin è per amici o nemici?”. Se Bitcoin è neutrale, deve accettare anche usi che non piacciono ad alcuni. Come ha ricordato qualcuno, Satoshi stesso nei forum discusse l’idea di usare la blockchain per altri scopi (ad esempio un DNS decentralizzato chiamato BitDNS) e pur consigliando di farlo su una catena separata, lasciò aperta la porta a usi creativi finché non intasavano la catena principale. Il compromesso trovato finora è pragmatico: nessun cambio di protocollo per bloccare Ordinals, ma il mercato delle fee deciderà quanto spazio possano occupare. Se le transazioni finanziarie pagheranno di più, gli Ordinals rallenteranno, altrimenti continueranno a prosperare – in linea col meccanismo di mercato di Bitcoin.

  • Nuove innovazioni (BRC-20, Runes): gli Ordinals hanno innescato a loro volta ulteriori innovazioni. Abbiamo menzionato i token BRC-20, un’idea nata dal basso che però ha evidenziato alcuni problemi (per creare e spostare token servono molte iscrizioni di controllo, riempiendo la UTXO set di “dust” inutili e causando rallentamenti). Per migliorare, a fine 2023 si è proposto un nuovo protocollo chiamato Runes. Runes cerca di implementare i token su Bitcoin in modo più efficiente: invece di iscrivere tanto testo, utilizza transazioni con output speciali per definire e trasferire token, legando gli asset a specifici UTXO per evitare la proliferazione incontrollata. L’idea è di marcare un UTXO con un ID di token e quantità, aggiornandolo con trasferimenti simili a come avviene per le colored coin. Runes mira a risolvere il problema della congestione di BRC-20 riducendo le iscrizioni necessarie e limitando la crescita di UTXO. È ancora in fase di sviluppo, ma dimostra l’effervescenza nata: gli sviluppatori stanno ora esplorando modi di portare funzionalità di token e NFT su Bitcoin in maniera nativa e sostenibile.

In definitiva, il fenomeno Ordinals ha avuto un impatto tecnico, di mercato e sociale su Bitcoin. Ha stressato la rete, sollevato discussioni sul “vero” uso di Bitcoin, e aperto prospettive prima trascurate: Bitcoin può essere non solo oro digitale ma anche piattaforma di cultura digitale.

C’è chi pensa che sia una moda passeggera (i volumi NFT globali sono calati nel bear market 2022-23), e sul lungo termine è probabile, ma al momento i dati mostrano che dopo oltre un anno gli Ordinals non sono scomparsi: l’infrastruttura è in crescita, aziende come Binance hanno lanciato servizi Ordinals, i volumi sebbene ridotti rispetto al picco iniziale sono stabilizzati, e progetti continuano a svilupparsi.

Potrebbe delinearsi un ecosistema NFT su Bitcoin parallelo a quello Ethereum, magari meno ampio ma più focalizzato su oggetti “da collezione” a lunga durata (c’è chi parla di narrative per cui gli NFT su Bitcoin sarebbero più “eterni” data l’immuabilità e l’importanza storica della chain).

Conclusioni:

Gli smart contract su Bitcoin rappresentano un tema affascinante perché coniugano l’innovazione programmabile con la solidità della prima blockchain al mondo.

Abbiamo visto come, pur non essendo progettato come piattaforma generalista di contratti, Bitcoin offra comunque un ventaglio di funzionalità contrattuali. 

Il risultato è un ecosistema dove i contratti sono meno versatili rispetto a Ethereum, ma estremamente robusti e affidabili nel fare bene le poche cose per cui sono pensati (custodia, pagamento, consenso multi-parte).

Nel confronto con altre piattaforme, emergono chiaramente i trade-off. Tuttavia, Bitcoin rimane il riferimento, tanto che esistono progetti per portarvi il meglio di entrambi i mondi: sidechain tipo RSK, soluzioni come Stacks, bridge per usare BTC in smart contract altrove.

In futuro potremmo vedere una maggiore contaminazione: miglioramenti a Script potrebbero estendere le funzionalità di Bitcoin senza comprometterne la filosofia, e parallelamente Ethereum potrebbe prendere spunto da Bitcoin per rafforzare la propria decentralizzazione e sicurezza.

Il caso degli Ordinals ha poi dimostrato che Bitcoin può riservare sorprese e reinventarsi in modi inattesi. 

In conclusione, Bitcoin e i suoi smart contract formano un ecosistema in equilibrio tra tradizione e innovazione. Da un lato c’è il rispetto delle solide basi che ne fanno il network più affidabile al mondo; dall’altro c’è la spinta a fare di più con questo network, trovando vie compatibili con la sua natura.

CdIta

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