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In un’epoca in cui ogni transazione sulla blockchain di Bitcoin è pubblica, permanente e facilmente analizzabile, la promessa di libertà e autonomia finanziaria rischia di essere compromessa dalla totale trasparenza.

Contrariamente a quanto molti credono, Bitcoin non è anonimo: è pseudo-anonimo. Ogni movimento è visibile a chiunque, e strumenti di blockchain analytics possono collegare indirizzi a identità reali, esponendo gli utenti a sorveglianza, discriminazioni e potenziali minacce alla sicurezza personale.

In questo scenario, la privacy non è solo un optional per paranoici o criminali, ma un diritto fondamentale di ogni utente. È qui che entra in gioco il CoinJoin.

In questo articolo esploriamo in dettaglio cos’è il CoinJoin, come funziona, quali vantaggi e limiti comporta, e quali strumenti aggiornati al 2025 ne permettono l’utilizzo.

Una guida completa per chi vuole riprendere il controllo sulla propria privacy finanziaria, restando fedele allo spirito di Bitcoin.

Punti Chiave:

Un CoinJoin è una tecnica di privacy per Bitcoin che consente a più utenti di combinare le loro transazioni per offuscare i legami tra input e output, rendendo difficile rintracciare origine e destinazione dei fondi sulla blockchain.

CoinJoin è perfettamente compatibile con il protocollo di Bitcoin e sfrutta la sua struttura in modo intelligente. Non si tratta di un trucco né di una violazione delle regole: è una tecnica nativa, trustless e che nelle giuste implementazioni non comporta rischi di custodia.

Protegge la fungibilità del denaro: impedisce la discriminazione tra “bitcoin puliti” e “bitcoin sporchi” restituendo intercambiabilità a ogni satoshi.

La privacy si costruisce con pratica e consapevolezza. CoinJoin è efficace solo se accompagnato da un buon coin control e operatività attenta successivamente al mix.
I principali strumenti CoinJoin oggi sono Samourai Wallet, JoinMarket e Wasabi Wallet, ciascuno con approcci, costi e gradi di decentralizzazione differenti.
Il contesto normativo è sempre più ostile, ma CoinJoin resiste. Coordinatori centrali come zkSNACKs (Wasabi) hanno chiuso nel 2024, ma soluzioni P2P come JoinMarket restano attive e censorship-resistant.
Fare CoinJoin non è illegale, ma può generare stigma. Alcune piattaforme o exchange trattano con sospetto i fondi mixati con coinjoin, pur non essendoci leggi che ne vietino l’uso diretto.
CoinJoin rafforza la libertà finanziaria individuale ed è uno strumento chiave per garantire riservatezza, sicurezza personale e autodeterminazione economica su Bitcoin.

Introduzione:

Bitcoin è spesso descritto come un sistema pseudonimo: gli indirizzi non rivelano direttamente l’identità, ma ogni transazione è pubblica e tracciabile sulla blockchain.

Questa trasparenza, se da un lato garantisce sicurezza e verifica pubblica, dall’altro comporta seri rischi per la privacy degli utenti. Enti specializzati in analytics possono collegare gli indirizzi a identità reali attraverso tecniche sempre più sofisticate.

Ciò significa che movimenti di fondi, saldi e relazioni finanziarie possono diventare visibili a curiosi, aziende o autorità, compromettendo la riservatezza individuale e la fungibilità (intercambiabilità) dei bitcoin stessi.

Ad esempio, se acquisti Bitcoin su un exchange con verifica KYC, i tuoi indirizzi sono già collegati alla tua identità. Successivamente, analizzando la blockchain, terzi potrebbero dedurre quanto spendi, da dove provengono i tuoi fondi e a chi li invii.

Per rispondere a queste sfide sono nate diverse soluzioni di privacy on-chain. Tra queste, un ruolo centrale è giocato da CoinJoin, una tecnica collaborativa che permette a più utenti di combinare le proprie transazioni in un’unica transazione collettiva, confondendo le tracce e rendendo più difficile seguire il denaro.

Cos’è il CoinJoin:CoinJoin è un metodo di mixing (mescolamento) delle transazioni Bitcoin proposto inizialmente dal developer Gregory Maxwell nel 2013.

L’idea alla base è semplice ma potente: invece di effettuare una transazione da un singolo mittente a un singolo destinatario, più utenti coordinano tra loro la creazione di una transazione unica che combina gli input di tutti.

In pratica, se diverse persone vogliono effettuare pagamenti o semplicemente offuscare la provenienza dei propri fondi, possono unire le rispettive transazioni in un solo blocco di dati.

All’interno di questa transazione congiunta, ciascun partecipante fornisce alcuni input (le proprie monete da spendere) e definisce uno o più output (i nuovi indirizzi di destinazione, propri o di terzi a cui vuole inviare valore).

Il risultato finale è che, una volta che la transazione CoinJoin viene scritta sulla blockchain, diventa estremamente difficile per un osservatore esterno capire quale input corrisponde a quale output.

Ogni partecipante riceve i BTC dovuti (ad esempio inviandoli a sé stesso su nuovi indirizzi “puliti” come output, o pagando un destinatario comune), ma le relazioni tra gli indirizzi originari e quelli finali sono oscurate.

In altri termini, la transazione CoinJoin funziona come una sorta di trita documenti crittografico: mescola più pagamenti insieme così che, a posteriori, non si possa determinare con certezza chi ha pagato chi.

Una caratteristica fondamentale di CoinJoin è che non richiede modifiche al protocollo Bitcoin. Si tratta infatti di un utilizzo intelligente delle normali regole: ogni transazione Bitcoin può avere più input e più output, e gli input sono firmati separatamente.

CoinJoin sfrutta proprio questa flessibilità intrinseca. Ad esempio, in una transazione standard con quattro input e due output, normalmente si presume che un utente abbia combinato i propri input per fare un pagamento e ricevere resto.

Tuttavia, nulla impedisce che quei quattro input appartengano a persone diverse, coordinate per creare una transazione condivisa. Bitcoin, insomma, permette già nativamente di spendere a più mani in un unico atto, e CoinJoin sfrutta questa possibilità.

In origine Maxwell descriveva CoinJoin come un modo per rompere l’euristica della proprietà comune degli input spesso usata nelle analisi blockchain.

Se più input compaiono nella stessa transazione, si assume che siano controllati dalla stessa entità, perché solo chi possiede tutte le chiavi private può autorizzare l’unione.

CoinJoin mina questa assunzione: se l’uso di transazioni con input multipli provenienti da utenti diversi diventa comune, gli analisti non potranno più dare per scontato che quegli input appartengano a una sola persona.

In sostanza, CoinJoin aumenta la fungibilità di Bitcoin creando plausible deniability: dopo un CoinJoin, un osservatore può dedurre che la transazione è avvenuta, ma non può più legare con certezza gli output ai rispettivi input originali.

Da notare che CoinJoin è concettualmente diverso dai mixer centralizzati tradizionali.

Nei mixer classici (tumblers), gli utenti inviano le proprie monete a un servizio terzo che le mescola restituendo monete diverse dopo un certo tempo, richiedendo fiducia nel fatto che il servizio non registri le associazioni e non scappi col denaro.

CoinJoin invece è spesso implementato in maniera non-custodial e trustless: gli utenti non cedono mai il controllo delle chiavi private e nessun coordinatore può scappare con i fondi, poiché ogni utente firma la transazione finale solo se corrisponde esattamente agli output attesi.

Il coordinatore (quando presente) agisce solo da facilitatore della comunicazione, senza mai prendere possesso dei BTC. Questo rende CoinJoin molto più sicuro dei mixer custodial sotto il profilo della fiducia necessaria.

Come Funziona il CoinJoin:Il funzionamento di un CoinJoin può essere suddiviso in alcune fasi coordinate.

In genere serve un luogo di incontro (un server coordinatore oppure un canale P2P) dove gli utenti annunciano la propria intenzione di partecipare.

I passi tipici di una implementazione classica sono:

  • Registrazione degli input: ogni partecipante indica al coordinatore quali UTXO (Unspent Transaction Output) intende mettere nel CoinJoin. Ad esempio Alice, Bob e Charlie potrebbero voler combinare alcuni importi ciascuno. Tutte queste entrate formeranno la lista di input della transazione condivisa.

  • Registrazione degli output: ciascun utente fornisce anche uno o più indirizzi di destinazione (output) dove desidera ricevere i BTC dopo la miscelazione. Di solito, per massimizzare la privacy, ogni partecipante richiede almeno un output di importo identico a quello degli altri (ad esempio tutti vogliono un output da 0,5 BTC) così che diventi impossibile distinguerli. Se un utente deve inviare pagamento a qualcuno all’interno del CoinJoin, inserirà l’indirizzo del destinatario come uno dei suoi output.

  • Costruzione della transazione: il coordinatore raccoglie tutti gli input e gli output proposti e compone una transazione Bitcoin completa che li include tutti. È importante sottolineare che la somma totale degli input deve uguagliare la somma totale degli output più le commissioni: i BTC non si creano né scompaiono, vengono solo ridistribuiti.

  • Firma e finalizzazione: il coordinatore invia la transazione non ancora firmata a tutti i partecipanti, i quali controllano che contenga i loro output desiderati e quindi firmano i propri input con la chiave privata. Solo dopo aver raccolto tutte le firme necessarie la transazione diventa valida e può essere trasmessa alla rete. Se anche un solo partecipante rifiutasse di firmare, la transazione non potrebbe essere eseguita. Per questo spesso si adottano misure per scoraggiare comportamenti malevoli (ad esempio penali o esclusione degli utenti che rinunciano di proposito).

Durante questo processo, il coordinatore non può rubare fondi perché non ha mai accesso alle chiavi private e non può modificare la transazione senza invalidare le firme già raccolte.

Nel CoinJoin tradizionale il coordinatore vede la mappatura tra input e output, ma implementazioni più avanzate risolvono anche questo problema usando tecniche crittografiche.

Ad esempio, Wasabi Wallet (che vedremo più avanti) ha introdotto un meccanismo basato su Chaumian Blinds e token crittografici: in pratica gli utenti forniscono gli output in forma cifrata e il coordinatore li firma alla cieca, in modo da non conoscere l’abbinamento input→output pur garantendo che ogni partecipante ottenga l’importo corretto.

In questo modo si ottiene un CoinJoin con coordinatore centrale che però non conosce il rapporto tra gli input iniziali e gli output finali di ciascun utente.

È anche possibile realizzare CoinJoin in maniera completamente decentralizzata, dove i partecipanti comunicano direttamente tra loro (ad esempio via reti P2P o Tor) e fungono collettivamente da coordinatori.

Soluzioni come JoinMarket adottano un modello di market P2P (maker/taker) senza un server unico. Tuttavia, progettare protocolli interamente distribuiti è complesso e spesso meno efficiente.

Nella pratica odierna, molte implementazioni utilizzano un coordinatore centrale (spesso gestito dagli sviluppatori del wallet stesso) per semplicità e performance, cercando al contempo di minimizzare i poteri e le informazioni in mano a tale coordinatore.

Un aspetto cruciale del funzionamento di CoinJoin è la gestione degli importi degli output. Idealmente, per massimizzare l’anonimato, gli output destinati ai partecipanti dovrebbero essere tutti uguali o comunque standardizzati.

Se ogni utente riceve un importo unico e distinguibile, infatti, un’analisi potrebbe ancora tentare di collegare quell’importo a un particolare input originario.

Nelle implementazioni come Whirlpool (Samourai Wallet) o nella precedente versione di Wasabi, si adottano “pool” o tagli fissi (es. 0,01 BTC, 0,05 BTC, 0,5 BTC) in cui gli utenti frammentano le proprie monete prima di entrare nel mix. 

Ad esempio, se Alice vuole mischiare 1 BTC nel pool da 0,05 BTC, il sistema creerà 20 output da 0,05 BTC ciascuno, che verranno mescolati con quelli di altri utenti, rendendo i suoi indistinguibili dagli output altrui dello stesso valore. 

Wasabi Wallet 2.0, tramite il protocollo WabiSabi, ha reso il sistema ancora più flessibile permettendo importi arbitrari e multipli all’interno di uno stesso round, eliminando la rigidità dei tagli fissi e aumentando potenzialmente l’efficienza (meno transazioni necessarie).

Nonostante importi diversi possano coesistere, WabiSabi impiega credenziali crittografiche per mantenere l’anonimato degli importi piccoli rispetto ai grandi, evitando che differenze rivelino correlazioni.

In sintesi, CoinJoin opera come una transazione multifirma collaborativa dove la somma dei partecipanti crea confusione riguardo le parti singole. Il motto potremmo riassumerlo così: “Tutti pagano qualcuno, ma dall’esterno non si capisce chi abbia pagato chi.”

Ciò elimina la tracciabilità: osservando una transazione CoinJoin, un detective blockchain può intuire che è avvenuto un CoinJoin (spesso lo schema di molti input e molti output uguali lo tradisce), ma non può attribuire con certezza ogni output al suo proprietario originale.

Più partecipanti ci sono, più aumenta il cosiddetto anonymity set: ad esempio con 5 partecipanti, ogni output potrebbe appartenere a uno qualsiasi dei 5, cioè c’è un’incertezza del 20% di indovinare, mentre con 100 partecipanti l’incertezza sale all’1% per output.

Non a caso, l’anonimato offerto viene spesso quantificato in termini di dimensione del set anonimo. Nel 2019 è stato eseguito un CoinJoin con addirittura 100 partecipanti in un’unica transazione (un record all’epoca), mostrando le potenzialità estreme di questa tecnica nel confondere le acque.

In pratica, più si è, meglio è – l’importante è che il protocollo rimanga efficiente e affidabile anche all’aumentare dei partecipanti.

Vantaggi:Il vantaggio principale di CoinJoin è evidente: un sostanziale aumento della privacy finanziaria individuale. Un utente che esegue un CoinJoin sui propri bitcoin rompe la catena di tracce tra l’origine dei fondi e la loro destinazione successiva.

Questo offre diversi benefici specifici:

  • Offuscamento delle tracce e anonimato migliorato: Dopo un CoinJoin come visto diventa impossibile collegare con certezza gli input e gli output originali di ciascun partecipante. Si ottiene quindi un livello di anonimato per aggregazione: anche se la transazione è pubblica, un osservatore non può più dire “questo output appartiene sicuramente all’utente X”. Può solo affermare che appartiene a uno dei n partecipanti. In termini pratici, questo protegge l’utente da curiosi, criminali o aziende che monitorano la blockchain per carpire informazioni patrimoniali. Ad esempio, se Alice ha ricevuto 1 BTC da una fonte identificabile (diciamo un exchange KYC) e poi lo mischia tramite CoinJoin ottenendo nuovi output puliti, chi in futuro osserverà quei nuovi indirizzi non potrà risalire all’exchange KYC o ad Alice con facilità, perché quell’output sarà mescolato tra molti possibili proprietari.

  • Fungibilità della moneta: La fungibilità è la proprietà per cui un bene è intercambiabile con un altro dello stesso tipo. Nel caso di Bitcoin, la completa tracciabilità rischia di creare “monete di serie A” e “monete di serie B” a seconda della loro storia (ad esempio monete provenienti da fonti considerate pulite vs monete legate a precedenti attività illecite). CoinJoin riporta fungibilità rendendo le origini non attribuibili: dopo un buon mixing, i bitcoin “sporchi” e quelli “puliti” diventano indistinguibili. Ciò previene anche situazioni di discriminazione o rifiuto da parte di servizi: alcuni exchange o commercianti potrebbero rifiutare BTC che hanno passato noti mercati darknet o furti, ma se quei BTC sono stati sottoposti a coinjoin insieme a tanti altri, non c’è modo di etichettarli attendibilmente, preservando il valore di ogni satoshi indipendentemente dalla storia.

  • Privacy finanziaria e sicurezza personale: La riservatezza nelle transazioni non è solo una questione di principio, ma anche di sicurezza. Se tutti i movimenti di un utente sono noti, un malintenzionato potrebbe dedurre quanti Bitcoin possiede e divenire un bersaglio di furti, estorsioni o sequestri. CoinJoin aiuta a proteggere la propria sicurezza personale nascondendo il proprio patrimonio. Ad esempio, un imprenditore che paga fornitori in BTC non vuole rivelare ai clienti quanto profitto trattiene, né vuole che i concorrenti traccino i suoi incassi. Con CoinJoin può confondere i flussi ed evitare che osservatori esterni ricostruiscano i suoi affari. Anche in ambito privato, CoinJoin tutela dalla profilazione: pensiamo a donazioni politiche, spese mediche o altri pagamenti sensibili che si preferisce mantenere confidenziali.

  • Nessuna necessità di fiducia in terzi (nelle implementazioni trustless): A differenza dei mixer centralizzati, molti sistemi CoinJoin (Wasabi, Samourai, JoinMarket) sono implementati in modo che l’utente non debba fidarsi ciecamente di un ente custode. Come spiegato, il coordinatore non tocca mai i fondi e non può deviarli altrove perché la transazione viene firmata dagli utenti stessi. Questo elimina rischi come rug pull (il mixer scappa col denaro) o appropriazione indebita. Ovviamente bisogna fidarsi del software che si utilizza, ma essendo spesso progetti open-source, il codice è verificabile pubblicamente. Insomma, CoinJoin può essere trustless e resistente alla censura (entro certi limiti di cui parleremo nei svantaggi).

  • Compatibilità e semplicità d’uso crescente: CoinJoin, non richiedendo modifiche a Bitcoin, è compatibile con le regole esistenti e negli ultimi anni è stato integrato in vari wallet con interfacce user-friendly. Oggi esistono applicazioni che automatizzano il processo di mixing: ad esempio Wasabi Wallet mischia automaticamente gli UTXO selezionati in background, o Samourai Wallet permette di avviare Whirlpool con pochi click. Questa crescente accessibilità (unitamente a guide, comunità attive e strumenti come nodi plug-and-play con JoinMarket) fa sì che anche utenti non tecnici possano iniziare a migliorare la propria privacy senza eccessiva difficoltà. Un segnale importante è stata persino l’integrazione di CoinJoin in un hardware wallet mainstream come Trezor nel 2023, a testimonianza di come la richiesta di privacy stia raggiungendo il grande pubblico.

In breve, CoinJoin ridà agli utenti controllo sulla propria privacy finanziaria, rafforzando Bitcoin come denaro fungibile e sicuro. L’efficacia è tale che anche i criminali hanno iniziato ad abusarne – un fatto che, paradossalmente, ne conferma la validità tecnica (sebbene crei grattacapi normativi).

Studi forensi hanno rilevato che wallet focalizzati sulla privacy come Wasabi sono diventati “un importante canale di riciclaggio” proprio perché rendono difficile tracciare i fondi illeciti. Se da un lato questo viene usato come argomento contro CoinJoin, dall’altro sottolinea come la stessa protezione è disponibile per il comune cittadino, che potrà così difendere meglio i propri diritti alla riservatezza.

Svantaggi e Limiti:Nonostante i notevoli benefici, CoinJoin presenta anche svantaggi e limitazioni da tenere in considerazione:

  • Non è magia: richiede attenzione per essere efficace. Un errore comune è pensare che basti processare i fondi con coinjoin una volta per diventare invisibili. In realtà, l’anonimato ottenuto è relativo al set di utenti coinvolti e può essere vanificato da azioni successive imprudenti. Ad esempio, se dopo un CoinJoin mescoliamo di nuovo gli output ricevuti tutti insieme in un’unica transazione, potremmo rivelare che erano nostri (ricostruendo il puzzle). Bisogna evitare di ricombinare output mixati e utilizzare accortezze come il coin control (separando le UTXO private da quelle non private), non riutilizzare indirizzi e possibilmente eseguire più round di mixing per aumentare l’anonimato. In poche parole, CoinJoin non è una soluzione totale: l’utente deve mantenere un’operatività adeguata post-mix per conservare i vantaggi di privacy.

  • Costi in termini di commissioni e tempo. Partecipare a coinjoin comporta un costo. Ogni round di mixing richiede il pagamento della fee di transazione on-chain ai miner (trattandosi comunque di una transazione Bitcoin a tutti gli effetti). Inoltre, molti coordinatori applicano una commissione. Ad esempio, Wasabi Wallet imponeva una fee dello 0,3% sugli importi mixati (con esenzione per importi minimi). Samourai Whirlpool applica una commissione fissa una tantum (~5%) in base al pool scelto (es: 0,0005 BTC per il pool da 0,01 BTC, cioè 5%) che può sembrare alta ma copre remix illimitati. Anche i servizi online come Whir o UniJoin chiedono tra l’1% e il 3% di fee. Oltre al costo monetario, c’è il costo temporale: bisogna spesso attendere che si trovino abbastanza partecipanti per avviare un round. A seconda della liquidità e popolarità del servizio, l’attesa può variare da pochi secondi/minuti (se la pool è affollata) a ore o giorni per pool meno usati. Alcuni servizi permettono di impostare un delay di mixing (ad esempio Whir consente di ritardare fino a 2 giorni l’esecuzione, per offuscare il timing). Dunque CoinJoin non è immediato come una normale transazione: occorre pazienza e disponibilità a pagare qualcosa in più di commissioni.

  • Dimensione delle transazioni e uso di blockspace. Un CoinJoin con molti input e output può essere molto più grande (in byte) di una transazione standard. Questo perché include tanti riferimenti di input e molte firme. Di conseguenza, la commissione totale da pagare aumenta (anche se poi suddivisa tra partecipanti). Inoltre, dal punto di vista dell’intera rete, un largo uso di CoinJoin comporta un maggior consumo di spazio nei blocchi. Anche se va detto che è meglio una transazione CoinJoin con 100 persone che 100 transazioni separate. Comunque gli utenti devono essere coscienti che fare privacy con CoinJoin ha un costo on-chain, specie in periodi di congestione della rete dove le fee sono elevate.

  • Identificabilità delle transazioni CoinJoin. Sebbene l’obiettivo sia confondere i collegamenti interni, paradossalmente le transazioni CoinJoin sono spesso riconoscibili come tali all’esterno, a causa della loro struttura peculiare (output multipli di importo identico, molti input e output). Diversi studi e tool di analisi hanno sviluppato modalità per individuare transazioni probabilmente CoinJoin. Ad esempio, una transazione con 50 input e 50 output uguali è quasi certamente un round di mixing. Questo significa che, pur non sapendo chi ha ottenuto cosa, un osservatore (o un exchange) potrebbe etichettare quegli output come “provenienti da CoinJoin”. Ciò può generare problematiche: ad esempio, alcuni exchange in passato hanno bloccato o chiesto chiarimenti a utenti che depositavano fondi usciti da CoinJoin, trattandoli con sospetto. Un caso noto fu Binance Singapore che congelò un prelievo destinato a un utente perché le coin provenivano da Wasabi. Anche se utilizzare CoinJoin è perfettamente legale nella maggior parte dei Paesi (non è di per sé un crimine mescolare i propri soldi), l’associazione mentalmente è spesso “mixing = riciclaggio. Questo stigma può causare inconvenienti: un istituto potrebbe chiedere spiegazioni sulla provenienza dei BTC miscelati o rifiutare transazioni legate a indirizzi notoriamente usati in CoinJoin. Si tratta di un atteggiamento discriminatorio (dato che ci sono molte ragioni legittime per tutelare la privacy), ma è una realtà con cui fare i conti.

  • CoinJoin non elimina del tutto la tracciabilità statistica. Anche se rompe i link diretti, ci sono attacchi statistici che potrebbero ridurre l’anonimato offerto. Ad esempio, se in un round la maggior parte dei partecipanti mescola importi simili e uno ha un importo nettamente diverso (pur spezzettato in output uguali), certe analisi potrebbero individuarlo. Oppure, in passato Chainalysis ha affermato di essere riuscita a “demixare” alcune transazioni Wasabi correlando tempistiche e altre informazioni ausiliarie. In un caso, l’analisi forense SlowMist su fondi rubati mischiati in Wasabi riuscì a seguirne in parte il percorso sfruttando errori operativi dei ladri e possibili correlazioni di importi. Ciò non significa che CoinJoin “non funzioni”, ma evidenzia che non è infallibile al 100%. Un attaccante con molte risorse (ad es. un’agenzia governativa) potrebbe anche provare un attacco Sybil, partecipando a quanti più round possibili con propri nodi per vedere se riesce a dedurre qualcosa (nelle implementazioni attuali ciò è mitigato ma non del tutto eliminabile). In sintesi, CoinJoin aumenta drasticamente la privacy ma non garantisce l’anonimato perfetto come, ad esempio, le criptovalute pensate per la privacy (Monero, Zcash). Rimane sempre un livello di rischio residuo, seppur molto basso se si adottano le opportune contromisure.

  • Censura e adeguamento dei coordinatori. Un punto dolente emerso negli ultimi anni: i coordinatori centralizzati di CoinJoin possono subire pressioni normative. Ad esempio, nel 2022 il team dietro Wasabi (zkSNACKs) decise di marchiare alcuni UTXO sospetti (collegati ad hackeraggi) impedendo loro di partecipare ai CoinJoin coordinati dall’azienda. Ciò scatenò polemiche: se un coordinatore filtra gli utenti, introduce un elemento di censura e indebolisce l’universalità del servizio. Wasabi assicurò che la privacy degli altri utenti non era intaccata e che mirava solo a evitare “guai legali” impedendo a criminali noti di usare la piattaforma, ma molti nella comunità criticarono la mossa, vedendola come un pericoloso precedente. Nel 2024, la stessa zkSNACKs ha compiuto un passo ancora più drastico: ha chiuso completamente il proprio coordinatore CoinJoin a giugno 2024, citando l’incertezza normativa. Questo ha significato che Wasabi Wallet, da quella data, non offre più un suo servizio di mixing integrato (per usarlo, bisogna collegarsi a coordinatori alternativi di terze parti). Anche Samourai Wallet ha avuto problemi: le autorità statunitensi nel 2024 hanno incriminato persone legate a Samourai/Whirlpool per gestione non autorizzata di servizi di money transmission, sostenendo che attraverso Whirlpool sarebbero stati riciclati oltre $2 miliardi in transazioni illecite dal 2015 in poi. Questi eventi mostrano che il contesto regolatorio è in evoluzione ed è ostile: chi offre CoinJoin pubblicamente potrebbe dover affrontare normative anti-riciclaggio. Ciò non impatta la possibilità tecnica di usare CoinJoin (che essendo decentralizzato in sé non può essere vietato a livello di protocollo), ma può incidere sulla comodità per l’utente medio. Ad esempio, dopo gli arresti in Samourai molti servizi (Wasabi, Phoenix wallet) hanno deciso di escludere utenti USA per precauzione. È possibile che in futuro usare CoinJoin diventi più “underground” oppure completamente integrato in strumenti P2P per sfuggire a queste pressioni.

  • Limiti nell’uso pratico (commercio e spending). Dopo aver mischiato le monete, può essere complicato spenderle senza intaccare la privacy guadagnata. Ad esempio, se ho usato coinjoin e ottenuto 10 output da 0,1 BTC, ma poi devo pagare qualcuno 0,5 BTC, dovrò usare 5 di quegli output insieme: ciò ricompone parzialmente la storia, riducendo l’anonimato (un’analisi vedrebbe che quei 5 output finiti allo stesso destinatario probabilmente erano della stessa persona). Per ovviare, alcuni wallet offrono soluzioni come PayJoin (BIP78) – una specie di mini-coinjoin suddiviso tra pagante e commerciante, che elimina le prove anche durante un pagamento diretto – o funzioni di STONEWALL (nel caso di Samourai) dove si aggiunge un input “fittizio” di un collaboratore per simulare un coinjoin. Tuttavia, non sempre il contesto lo permette. In definitiva mantenere la privacy richiede attenzione anche nel momento della spesa: idealmente bisognerebbe fare pagamenti spezzati in output simili a quelli mixati, oppure usare strumenti di pagamento layer2 come il Lightning Network (che però ha altre implicazioni). CoinJoin risolve l’aspetto dell’anonimizzazione dopo la ricezione e prima della spesa, ma l’utente deve integrare la pratica con altri accorgimenti per non vanificarla in fase di spesa.

In conclusione sui limiti: CoinJoin è un potente strumento di privacy, ma va visto come parte di una strategia più ampia. Richiede consapevolezza e un ecosistema favorevole (servizi che non penalizzino gli utenti privacy) per esprimere tutto il suo potenziale.

Nel 2025 la tecnologia è matura ma l’ambiente normativo è in fermento: questo dualismo fa sì che, accanto a implementazioni sempre più usabili e robuste, permangano timori e difficoltà per l’utente comune.

Nei prossimi anni l’evoluzione di CoinJoin potrebbe passare attraverso una maggior decentralizzazione (più JoinMarket, CoinSwap, Fedimint ecc.) per sfuggire alle censure, e attraverso maggior integrazione “stealth” (ad esempio CoinJoin via Taproot per farli apparire come normali transazioni multi-firma).

Al momento, comunque, CoinJoin resta uno strumento chiave per chiunque tenga alla privacy su Bitcoin, da usare con cognizione dei suoi pro e contro.

Wallet e Strumenti CoinJoin:

Nel corso degli anni sono emersi diversi wallet, piattaforme e servizi specializzati che offrono CoinJoin o funzionalità simili di mixing.

Attualmente i principali strumenti a disposizione degli utenti Bitcoin per effettuare CoinJoin sono:

Wasabi Wallet (WabiSabi CoinJoin)

Wasabi è un wallet desktop open-source focalizzato sulla privacy, famoso per aver implementato per primo un modello di CoinJoin facile da usare (protocollo ZeroLink) e, più di recente, il nuovo protocollo WabiSabi. Wasabi Wallet è non-custodial (le chiavi rimangono all’utente) e instrada tutto il traffico su Tor per default, aggiungendo un ulteriore livello di anonimato.

  • Meccanismo: Wasabi 1.0 usava round di CoinJoin con output di importo fisso (ad es. 0.1 BTC) e un sistema di Chaumian blind signature per nascondere la mappatura input-output al coordinatore (zkSNACKs). Con Wasabi 2.0 (lanciato a fine 2021), è stato introdotto WabiSabi, che supporta importi variabili e multipli per utente nello stesso round grazie a token crittografici anonimi. Ciò consente di mixare qualsiasi importo dai 5,000 sats fino a 40k BTC in maniera flessibile, laddove la versione precedente richiedeva spezzettamenti rigidi. L’interfaccia 2.0 semplifica molto l’uso: l’utente deposita BTC nel wallet, e se abilita la modalità CoinJoin, il software automaticamente si unisce ai round in background quando le condizioni (fee, numero partecipanti, livelli di anonimato) sono ottimali.

  • Costi: Wasabi ha storicamente applicato una commissione coordinatore dello 0,3% sull’importo mixato. Importi piccoli (<0,01 BTC) erano esenti per incentivare l’adozione anche su somme modeste. Oltre a ciò, ogni round comporta pagare la propria quota di fee (in base ai byte occupati dagli input/output dell’utente). Con WabiSabi, i costi per byte sono ottimizzati rispetto a Zerolink, ma la fee coordinatore rimane il principale costo per chi mixa importi grandi. Un aspetto positivo: Wasabi non prende fee sui remix, ovvero se le coin di un utente rientrano in più round successivi per aumentare l’anonimato, la fee si applica solo una volta (sui movimenti iniziali) mentre rifare join aggiuntivi non ha costi extra.

  • Stato attuale (2025): Nel 2022-2023 Wasabi ha avuto un enorme aumento di popolarità ma anche controversie dovute alla decisione di censurare UTXO sospetti. Questa scelta ha portato il team a essere prudente verso possibili ripercussioni legali. Infatti, ad aprile 2024 zkSNACKs ha cessato di operare il coordinatore pubblico: dal 1° giugno 2024 Wasabi Wallet non ha un coordinatore di default. Il software però supporta ora l’impostazione manuale di un server coordinatore alternativo. Di conseguenza Wasabi rimane un ottimo wallet per coin control e privacy, ma al momento offre coinjoin solo se ci si connette a coordinatori terzi. Non è escluso che in futuro zkSNACKs riprenda il servizio (magari in giurisdizioni diverse) o che emergano coordinatori comunitari. Wasabi v2.0.8 e successivi hanno reso questa transizione semplice: basta incollare l’URL (spesso .onion su Tor) di un coordinatore personalizzato nelle impostazioni per continuare a mixare. Va notato che Wasabi blocca l’uso del wallet agli IP USA dall’aprile 2024, come misura preventiva legale.

In breve Wasabi è stato un pioniere del CoinJoin user-friendly, fornendo una soluzione “privacy by default” dove tutto (dalle connessioni al blockchain fetch) è orientato alla riservatezza.

Oggi è in una fase di transizione a causa delle pressioni normative, ma resta uno strumento potente.

Samourai Wallet & Whirlpool

Samourai Wallet è un wallet mobile Android incentrato sulla privacy, da anni punto di riferimento per gli utenti attenti all’anonimato su Bitcoin. La sua implementazione di CoinJoin si chiama Whirlpool, ed è basata sul protocollo Zerolink (lo stesso a cui si ispirò Wasabi 1.0) con alcune differenze architetturali.

Mentre Wasabi è nato su desktop e per utenti forse più “passivi”, Samourai ha puntato su mobile e integrazione col proprio nodo (via Samourai Dojo) per un controllo completo.

  • Meccanismo: Whirlpool funziona attraverso dei pool di denominazione fissa: attualmente sono tre pool aperti sugli importi 0,01 BTC, 0,05 BTC e 0,5 BTC. Un utente che vuole mixare sceglie il pool più adatto in base a quanto vuole offuscare e alla granularità desiderata. Ad esempio, se ha 0,4 BTC potrebbe entrare nel pool da 0,05 BTC (spezzando i suoi 0,4 in 8 output da 0,05), oppure se ha 1 BTC può usare il pool da 0,5 (2 output). Whirlpool utilizza un approccio a ciclo continuo: prima viene fatta una transazione di preparazione (chiamata TX0) dove l’utente frammenta i suoi input esattamente in unità del pool (generando anche eventuale resto “doxxic” separato). Poi queste unità entrano nel vero e proprio CoinJoin insieme a quelle di altri 4 partecipanti (ogni mix Whirlpool coinvolge 5 partecipanti per creare 5 output uguali). Dopo un mix riuscito, i nuovi UTXO possono automaticamente rientrare in ulteriori mix (remix) gratuitamente e illimitatamente, finché rimangono nel wallet. Questo significa che un utente spesso lascia l’app Whirlpool in esecuzione anche a lungo, cosicché i suoi coin continuino a rimischiarsi con i nuovi arrivati, aumentando sempre più l’anonymity set (forward anonymity).

  • Costi: Whirlpool adotta un modello interessante. Si paga una commissione fissa iniziale (pool fee) per entrare nel ciclo, dopodiché i remix non costano nulla. Le fee attuali sono circa il 5% dell’importo del pool: ad esempio 0,0005 BTC per il pool da 0,01 BTC, 0,0025 BTC per 0,05 BTC, 0,025 BTC per 0,5 BTC. Questa fee copre il primo CoinJoin. Successivamente, ogni volta che le monete si rimescolano (magari decine di volte nei giorni successivi), non si paga nulla. In più, c’è da pagare le fee ai miner per la TX0 e per il primo CoinJoin, e ovviamente ogni remix paga comunque le commissioni ai miner. In sostanza Whirlpool conviene molto se si lascia rimiscelare a lungo, perché diluisce la pool fee su tanti mix. Se invece si fa un solo mix e si esce, si spende più di Wasabi (che prende lo 0,3%). Quindi i due modelli di pricing incoraggiano comportamenti diversi: Whirlpool premia chi rimane nel mixing per un po’.

  • Utilizzo & strumenti: Samourai essendo mobile-first rende facile avviare mix dal telefono. Tuttavia, per massima privacy consiglia di usare la propria infrastruttura: ovvero Samourai Dojo, un server backend che si può installare sul proprio nodo Bitcoin personale, e funge da coordinatore e indice. In realtà, Whirlpool ha un coordinatore centrale gestito dal team Samourai (per mettere in contatto gli utenti e orchestrare i mix), ma usando Dojo i propri input passano attraverso il nodo personale e non quello pubblico, evitando di rivelare gli XPUB e altre info ai server Samourai. Molti appassionati usano soluzioni preconfezionate come RoninDojo (un node package su Raspberry pi) per fare pairing col wallet Samourai e avere coinjoin totalmente in casa propria come networking. Esiste anche un’app Whirlpool GUI desktop (per Windows/Linux/Mac) che consente di mixare con interfaccia desktop collegandosi al proprio wallet Samourai via QR code.  Utile per chi preferisce far girare i mix sul computer (magari sempre acceso) e non sul telefono. Il tutto è open-source.

  • Stato attuale: Samourai ha una community molto fidelizzata. Dopo le vicende Wasabi 2022, Whirlpool ha visto crescere volumi e partecipazione. Secondo alcune analisi indipendenti, il numero di CoinJoin di Samourai è di molto superiore a quello di Wasabi in termini di transazioni, anche se di solito con importi medi minori. Nel 2023-2024 Samourai è entrato nel mirino delle autorità USA (DoJ), come accennato, con l’arresto di persone collegate (si parla di un certo Matthew per la gestione di servizi legati a Samourai) e l’accusa di aver facilitato il riciclaggio per milioni di dollari. Il team, che opera pseudonimamente, ha dichiarato che il coordinatore Whirlpool continuerà a funzionare e ha enfatizzato come esso non custodisca fondi né possa identificare gli utenti. Al momento Whirlpool è pienamente operativo. Si segnala che Samourai, a differenza di Wasabi, non ha implementato alcuna censura: dichiarano di non filtrare UTXO e di essere ideologicamente contrari a qualunque blacklist. Questo li pone potenzialmente a rischio maggiore, ma li rende preferiti da chi cerca un servizio purista.

In breve Samourai + Whirlpool offre un’esperienza solida, soprattutto per utenti avanzati che abbiano un nodo proprio. L’approccio mobile e la filosofia senza compromessi sulla privacy li rendono molto popolari tra i bitcoiner attenti alla riservatezza.

Lato negativo, richiede un telefono Android (non c’è app iOS ufficiale) e un po’ di setup se si vuole il top (Dojo). Inoltre, essendo meno mainstream, la sua interfaccia può apparire più tecnica.

JoinMarket

JoinMarket è un progetto open-source nato nel 2015 che implementa CoinJoin in maniera completamente decentralizzata peer-to-peer, seguendo un modello di mercato libero.

È diverso dai wallet citati sopra in quanto non ha un coordinatore centrale né fees fisse, ma funziona facendo incontrare utenti che vogliono mixare con ruoli differenti: i makers (che offrono liquidità per coinjoin e impostano un prezzo) e i takers (che avviano la transazione coinjoin accettando di pagare la fee richiesta dai makers selezionati).

  • Meccanismo: JoinMarket opera sul proprio server Matrix, dove i makers annunciando le loro UTXO disponibili e la fee desiderata. Un taker, quando vuole mixare, contatta alcuni maker e costruisce assieme la transazione coinjoin, pagando a ciascuno la piccola fee concordata. Questo avviene in automatico via software, l’utente non vede questi dettagli ma in sostanza crea un CoinJoin in cui ogni partecipante può avere output di importi diversi (non c’è un importo fisso comune come Wasabi/Whirlpool). L’anonimato qui deriva principalmente dal numero di makers coinvolti in un coinjoin: più maker partecipano, maggiore l’anonymity set per il taker. JoinMarket incoraggia transazioni con almeno 3-5 makers per volta. Poi il taker può ripetere la procedura su output ottenuti, incrementando il suo anonimato a ogni passaggio aggiuntivo. I maker mantengono le coin a disposizione continuamente, guadagnando micro-pagamenti per ogni coinjoin servito. In questo modo c’è sempre liquidità disponibile, perché i maker sono incentivati economicamente.

  • Costi e guadagni: Un utente può usare JoinMarket in due modi. Come taker (vuole mixare i suoi coin rapidamente pagando altri) o come maker (vuole mettere a frutto le sue coin aiutando altri a mixare in cambio di commissioni). Se si è taker, il costo è determinato dal mercato: tipicamente molto basso, i maker spesso chiedono fee pari a qualche sat per vbyte o percentuale minima. Spesso il costo totale per coinjoin è dell’ordine di 0,1% o meno, variabile in base alla disponibilità di maker e all’urgenza (si può impostare una fee massima accettata e attendere). Se si è maker, si guadagna una piccola fee ogni volta che qualcuno utilizza le proprie utxo in un coinjoin. Non si diventa ricchi (i rendimenti annui sono bassi, attorno a 1-2% APY in satoshi), ma è un concetto interessante: fornisci privacy (mixing) alla comunità e vieni pagato. JoinMarket dunque crea un vero e proprio order book della privacy. Naturalmente i maker guadagnano ma sacrificano un po’ di privacy: entrando in tantissimi coinjoin inevitabilmente vedono passare coin di altri e potrebbero unire puntini (anche se ogni transazione li vede collaborare senza sapere oltre i propri input e output). Diciamo che il taker è quello che ottiene il pieno anonimato desiderato, mentre i maker ottengono piccole frazioni di anonimato incrementale e fee.

  • Utilizzo & difficoltà: Storicamente, JoinMarket era considerato ostico da usare. Era disponibile come software Python da riga di comando e configurarlo richiedeva un po’ di conoscenze (ad esempio, bisogna avere un nodo Bitcoin o almeno accesso ad un nodo per le API RPC). Negli ultimi anni, però, il progetto ha fatto passi avanti: è nata una GUI chiamata JoinMarket-Qt che semplifica l’interazione, e soprattutto molte implementazioni su node (come Raspiblitz o Umbrel) offrono pacchetti preinstallati per far girare un JoinMarket maker bot facilmente. Esiste anche un progetto chiamato JoininBox che automatizza la configurazione su nodi dedicati. Insomma, oggi un utente motivato può utilizzare JoinMarket senza dover scrivere comandi manuali. Tuttavia, rispetto a Wasabi/Samourai rimane uno strumento per utenti esperti: è consigliato aver dimestichezza con concetti di UTXO, coin control e non avere fretta (i coinjoin non sono istantanei, il bot trova progressivamente match).

  • Vantaggi peculiari: Il maggior vantaggio di JoinMarket è la resistenza alla censura e l’assenza di un singolo punto di controllo. Non esiste un server da spegnere o un’azienda da colpire: è un protocollo P2P tra utenti. Finché ci sono persone che fanno girare i bot e canali di comunicazione aperti (che possono spostarsi su diverse piattaforme se un network chiude), JoinMarket può esistere. Inoltre, alcuni dati indicano che JoinMarket ha gestito volumi di coinjoin significativi, addirittura superiori a quelli delle piattaforme coordinate, segno che c’è un utilizzo costante. Altro aspetto: flessibilità degli importi – non essendoci denominazioni fisse, un taker può mixare importi precisi, utile se vuole per esempio offuscare esattamente 2.345678 BTC senza doverli frammentare.

  • Svantaggi: Oltre alla maggiore complessità, va detto che un singolo coinjoin di JoinMarket in genere coinvolge meno partecipanti rispetto ai round di Wasabi (che ne poteva avere anche 50-100) o di Whirlpool (che ne ha 5 per mix ma continuamente). Ciò significa che per ottenere un anonymity set molto ampio, spesso un taker deve effettuare più coinjoin a cascata. E questo comporta più transazioni on-chain (cioè più fee miner da pagare e più attesa). 

In breve JoinMarket è la soluzione hardcore per chi vuole massima sovranità: niente server esterni, possibilità di guadagnare fornendo privacy ad altri e un protocollo resistente ad attacchi di tipo legale.

Richiede un po’ di competenza tecnica e pazienza, ma rappresenta il futuro decentralizzato che molti auspicano per CoinJoin.

Molti nella comunità credono che se anche tutti i coordinatori commerciali venissero chiusi, JoinMarket rimarrebbe come zoccolo duro inattaccabile, e potenzialmente emergerebbero più utenti su di esso.

Altri servizi e piattaforme CoinJoin

Oltre ai wallet principali sopra, esistono alcuni servizi online e tool aggiuntivi che vale la pena menzionare:

  • Sparrow Wallet: un popolare wallet desktop (multipiattaforma) focalizzato su utenti avanzati, che supporta nativamente l’integrazione con Whirlpool. Sparrow permette di collegare il proprio nodo e il proprio account Samourai/Whirlpool per gestire coinjoin direttamente dall’interfaccia desktop, con un ottimo coin control. È diventata un’alternativa a Samourai mobile per chi preferisce PC.

  • Collaborative transactions in altri wallet: ad esempio Electrum ha un plugin per coinjoin basato su JoinMarket e BlueWallet aveva integrato in passato un accesso a Whirlpool. Altri wallet non implementano coinjoin multi-party completo, ma offrono PayJoin (BTCPay Server, Wasabi, Samourai, ColdCard ) o strumenti tipo Stonewallx2 di Samourai (che sono collaborazioni a 2 persone).

  • Mixers basati su CoinJoin (custodial): Alcuni servizi di mixing centralizzati hanno iniziato a pubblicizzarsi come “basati su CoinJoin”. Ad esempio Whir (whir.to) e UniJoin (unijoin.io) sono piattaforme web dove l’utente invia BTC da mixare e riceve indietro BTC diversi. La differenza rispetto ai vecchi mixer è che dicono di utilizzare tecniche CoinJoin in background, presumibilmente aggregando insieme le richieste di più utenti in transazioni congiunte per non dover detenere troppo a lungo i fondi. Questi servizi inoltre suggeriscono l’uso di Tor per accedervi e aumentare la privacy dell’utente (UniJoin ha un sito onion dedicato). Va sottolineato che, sebbene sfruttino CoinJoin, restano custodial: l’utente affida temporaneamente le coin a un server e confida di riceverle indietro. Il vantaggio è che hanno interfacce web semplici e non richiedono di installare software o avere competenze tecniche. Lo svantaggio è la fiducia e il rischio: sono servizi non regolamentati e spesso anonimi, alcuni potrebbero sparire con i fondi o essere trappole, molti mixer storicamente sono stati scam o chiusi dalle autorità.

  • CoinSwap: Un’altra tecnica, concettualmente diversa da CoinJoin ma affine negli obiettivi, è il CoinSwap. Si tratta di due (o più) parti che scambiano totalmente le proprie UTXO tramite transazioni atomiche (contratti a tempo) senza che sulla blockchain si veda il collegamento. CoinSwap può ottenere privacy perfetta, ma è molto più complesso da implementare e finora non è stato usato su larga scala. Progetti come Mercury Wallet stanno esplorando idee simili. Non essendo CoinJoin vero e proprio, lo citiamo solo per completezza.

Confronto tra principali piattaforme CoinJoin

Per avere un quadro sintetico delle caratteristiche dei vari strumenti citati, ecco una tabella comparativa:

Piattaforma/Servizio Tipo e Protocollo Commissioni Partecipanti per CoinJoin Note Distintive
Wasabi Wallet (zkSNACKs) Wallet desktop non-custodial; Protocollo WabiSabi (coordinatore centrale fino al 2024). Status: coordinatore ufficiale chiuso (giugno 2024), richiede coordinatore custom 0,3% fee coordinatore per round (gratis <0,01 BTC) + fee miner. Remix: ognuna paga di nuovo fee (ma in WabiSabi un round può includere già più output per utente)* Fino a ~100 partecipanti per tx (WabiSabi supporta molti input/output variabili) – Tor integrato di default- Importi coinjoin flessibili (min 0,00005 BTC)- UI automatizzata “privacy by default”- Censurato alcuni UTXO nel 2022; – Bloccato per utenti US dal 2024
Samourai Whirlpool (Samourai Wallet) Wallet mobile (Android) + desktop GUI; Protocollo Zerolink (coordinatore centrale, no knowledge of linkage) ~5% fee fissa iniziale (in BTC assoluti dipende dal pool: 0,0005, 0,0025, 0,025 BTC) + fee miner TX0 + fee miner di mix. Remix: gratuite illimitate 5 partecipanti per mix (pool fissi da 0.01, 0.05, 0.5 BTC) – Mobile-first, richiede Android (o via Sparrow desktop) – Richiede preparare TX0 (smurfing input nei tagli) – Nessuna censura UTXO (c.d. no blacklist) – Infrastruttura Dojo per privacy self-hosted (nodo proprio consigliato) – PayNym/BIP47 integrati (stealth address)
JoinMarket Software CLI/GUI P2P; Protocollo decentralizzato maker/taker (no server). Status: attivo su community IRC/Matrix Fee di mercato ai maker (variabile, tipicamente molto bassa per utxo). Taker paga ad ogni coinjoin forse 0,05%-0,1% del valore (stima). Maker guadagna fee. Taker decide quanti maker coinvolgere (tipico 3-5 maker per tx). – Nessun coordinatore → censura impossibile– Possibilità di guadagno fornendo liquidità (market)- Configurazione più complessa; necessita nodo Bitcoin – Anonymity set cumulativo su più join consecutivi
Whir (whir.to) Mixer custodial web (dice di usare CoinJoin interni) 1% fee standard; fino a 3% se scelte opzioni privacy aggiuntive (es. delay max) + fee miner Mixer crea coinjoin aggregando più clienti (dettagli interni non pubblici) – Interfaccia web semplice – Supporta delay fino 48h- Richiede fiducia (custodia temporanea) – Ha URL su clearnet e Tor – Possibile randomizzazione output per confondere analisi
UniJoin (unijoin.io) Mixer custodial web (coinjoin-based) Fee random tra 1% e 3% (viene scelta casualmente per ogni mix) + fee miner CoinJoin interni multi-utente (non specificato). Attualmente solo BTC (futuro: ETH, LTC) – Accessibile via Tor – Random fee per offuscare (nessun cliente paga uguale) – Custodial (rischio trust) – Team anonimo (come molti mixer)
Altri: Sparrow, Electrum JM plugin, ecc. Wallet con integrazioni CoinJoin N/A (usano servizi esistenti come Whirlpool, JoinMarket) N/A – Sparrow: integra Whirlpool (richiede coordinatore Samourai) e anche JoinMarket come client – Electrum: plugin per JoinMarket (deve comunicare con bot JM)
Legenda: Fee = commissioni di rete in Bitcoin da pagare ai miner. UTXO = Unspent Transaction Output (sono le “monete” spendibili).

La tabella sopra confronta alcuni aspetti salienti. È interessante vedere come Wasabi e Samourai abbiano perseguito approcci diversi pur partendo da una filosofia comune (ZeroLink): Wasabi puntando a massimizzare il numero di peer per transazione e l’automazione, Samourai puntando a remix continui e controllo locale. Anche il modello di fee riflette queste differenze di strategia.

JoinMarket si distingue radicalmente per la decentralizzazione, mentre i servizi come Whir/UniJoin provano a cavalcare l’onda offrendo facilità d’uso a scapito della fiducia necessaria.

Va rimarcato che nessuna soluzione è perfetta per tutti: la scelta dipende dalle esigenze dell’utente:

  • Se un principiante vuole qualcosa di plug-and-play, oggi potrebbe provare Sparrow Wallet con Whirlpool (interfaccia GUI facile) o Wasabi se trova un coordinatore affidabile esterno.

  • Un utente esperto con molti BTC potrebbe allestire un nodo Dojo e usare Samourai/JoinMarket combinati: magari mixa con JoinMarket per bypassare coordinatori pubblici, e poi utilizza Whirlpool per continuo remix.

  • Chi ha solo lo smartphone e piccoli importi troverà Samourai mobile molto pratico.

  • Per piccole esigenze saltuarie, forse anche un servizio come Whir o UniJoin (pur sconsigliando in generale di fidarsi di mixer centralizzati sconosciuti) potrebbe essere ritenuto accettabile se l’importo è basso.

Un dato interessante: l’utilizzo di CoinJoin complessivamente è in crescita costante dal 2018 in poi. Nonostante giri di vite e timori, sempre più utenti stanno sperimentando queste soluzioni.

Si stima che migliaia di CoinJoin vengano eseguiti ogni mese sulla blockchain Bitcoin, totalizzando volumi di molte decine di migliaia di BTC annui.

In parallelo, si è visto un aumento dell’ostilità da parte di alcuni regolatori, specie dopo il caso eclatante di Tornado Cash (un mixer su Ethereum sanzionato dagli USA nel 2022).

Finora però nessun CoinJoin su Bitcoin è stato dichiarato illegale in sé: per esempio l’Unione Europea ha discusso di limitare transazioni anonime sopra 1000€ ma al momento (2025) non ha vietato i coinjoin.

È una zona grigia: la maggior parte delle giurisdizioni consente l’uso di mixer, ma guarda con sospetto all’assenza di KYC.

Molti mixer centralizzati sono stati chiusi (Bitcoin Fog, Helix, Bestmixer ecc.), ma i wallet CoinJoin non possono essere “spenti” così facilmente.

Il caso Samourai/Wasabi negli USA (con Wasabi che ha deciso di limitare l’accesso ai cittadini americani per ora) dimostra che le pressioni normative hanno effetto, ma solo fino a un certo punto: finché esiste Bitcoin, saranno possibili transazioni collaborative.

Conclusioni:

La tecnica del CoinJoin rappresenta oggi uno degli strumenti più efficaci che gli utenti Bitcoin hanno a disposizione per riconquistare privacy e fungibilità, senza dover abbandonare la blockchain pubblica di Bitcoin.

In un’epoca in cui la sorveglianza delle transazioni è sempre più pervasiva e in cui ogni nostro movimento finanziario sulla rete può essere analizzato, CoinJoin riafferma il diritto alla riservatezza economica.

Il percorso verso un Bitcoin veramente fungibile e privato per tutti non è privo di attriti. È un equilibrio delicato tra innovazione tecnica e pressioni legali: da un lato si progettano coinjoin sempre più robusti, dall’altro si cerca di colpire chi offre servizi di mixing assimilabili al riciclaggio.

Eppure, la tendenza generale è chiara: la domanda di privacy su Bitcoin è in aumento. Sempre più utenti comprendono che la trasparenza totale può essere pericolosa e iniziano ad adottare strumenti come CoinJoin come pratica standard, un po’ come cifrare le proprie comunicazioni su internet è diventato normale con VPN e messaggistica sicura. 

Forse il messaggio più importante è che CoinJoin, lungi dall’essere un mezzo per “nascondere attività illecite”, è in realtà un mezzo per proteggere utenti onesti dalle violazioni di privacy, dai furti e dalle discriminazioni.

Come mettere una lettera in busta invece che scriverla su una cartolina: un’azione semplice e legittima per mantenere privata la propria corrispondenza.

Allo stesso modo, un bitcoin mixato via CoinJoin è semplicemente un bitcoin di cui ho ripristinato la privacy, rendendo Bitcoin più sicuro e fungibile per tutti: la privacy di ognuno di noi aumenta con la privacy di tutti

CdIta

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