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Navigando online su siti e social attinenti alle criptovalute sembra che nessuno sia un consulente finanziario ma tutti diano consigli sugli investimenti.

Notando anche in questo ambito una certa confusione e in particolare mancanza di sintesi sui principi fondamentali, ho pensato di raccogliere in una piccola guida gli elementi da conoscere per non vagare nel buio e scongiurare errori grossolani.

L’obiettivo è portare consapevolezza, far riflettere e proteggere chi si avvicina a questo mondo, in modo da evitare azioni impulsive e radicate nel desiderio di guadagnare soldi facili anziché nella conoscenza.

Vedremo come progettare, impostare e gestire un semplice portfolio di investimento. Per portfolio, o portafoglio, si intende la selezione di una serie di criptovalute, assortite in percentuali diverse.

Useremo il termine portfolio per evitare di confonderci col fatto che parlando di criptovalute la parola portafoglio si riferisce anche al wallet in cui custodiamo le monete.

Prima di prendere anche solo in considerazione l’idea di mettere dei soldi in criptovalute, è fortemente raccomandato dedicare qualche minuto a leggere le guide di approfondimento sulle componenti principali:

Siccome questo sito si occupa di assistenza tecnica e non di investimenti, il doveroso disclaimer, da prendere sul serio:

AssistenzaCriptovalute.it non è un sito di consulenza finanziaria. Le informazioni che seguono sono a scopo informativo e hanno l’obiettivo di allertare il potenziale investitore, e addirittura dissuaderlo, non di indurlo a comprare criptovalute. Non costituiscono pertanto incentivo all’investimento.
Le idee esposte non sono strategie di investimento o di gestione del proprio portfolio ma opinioni basate su esperienza personale.
Il lettore si assume la piena responsabilità delle sue azioni.
Per chi è intenzionato a investire si raccomanda di rivolgersi a professionisti del settore.
Punti Chiave:

Le criptovalute, anche se attraggono soprattutto per i potenziali profitti, sono strumenti non solo finanziari ma anche all’avanguardia in termini di contributo alla soluzione dei problemi più disparati.

Sono il mercato più volatile al mondo. Nelle fasi di ribasso prolungato, note come bear market, possono perdere oltre il 90% del loro valore.

Anche se nelle fasi di mercato in rialzo o bull market si possono realizzare ricavi consistenti, si tratta di strumenti ad altissimo rischio.

Il minimo che possiamo fare per ridurre le insidie è conoscere, studiare e capire prima di investire.
Bitcoin è la prima criptovaluta creata e ancora oggi il punto di riferimento di tutto il mercato. Sarà quindi la componente essenziale di qualsiasi portfolio equilibrato.
L’organizzazione di un portfolio di investimento si basa sulla tolleranza al rischio, la finestra temporale che si considera e la disponibilità di tempo per rimanere aggiornati e gestire le criptovalute che si posseggono.
Un investimento ragionevole non dovrebbe superare il 5-10% dei propri risparmi e soprattutto coinvolgere capitali che non ci si può permettere di perdere.

Premesse:Considerato che una buona percentuale di chi decide di comprare Bitcoin non ha alcuna esperienza pregressa di investimenti, partiamo da alcune premesse in modo da impostare il discorso con la certezza di aver coperto i concetti imprescindibili:

  • Non esistono soldi facili o gratis. Gli investitori (in qualsiasi campo) che invece di perdere soldi li guadagnano sono pochi, e per riuscirci lavorano duramente.
  • Gli investimenti non producono valore. Se creo un prodotto e poi lo vendo ho generato un bene. Se offro una prestazione di cui qualcuno può beneficiare ho creato un servizio. Se investo non ho creato o prodotto niente. Non ho aggiunto niente di ciò che serve al mondo. Ho solo speculato. Strumento validissimo se ad esempio voglio proteggere i miei risparmi. Discutibile se penso sia un modo costruttivo di contribuire alla società, anche se paradossalmente finanza e investitori sono piuttosto celebrati nella cultura odierna.
  • Bitcoin esiste dal 2009. Il mercato delle criptovalute ha poco più di 10 anni. E’ molto promettente ma non c’è alcuna certezza che sarà ancora qui tra 10 o 20 anni.
    Bitcoin è la prima criptovaluta creata e ancora oggi la principale, prima anche per capitalizzazione di mercato. Le altre criptovalute seguono in larga misura le sue variazioni di prezzo.
    E’ importante tenere presente che delle migliaia di progetti che continuano a nascere, pochissimi sopravviveranno a lungo termine.
  • Il mercato delle criptovalute è il più volatile al mondo. Essendo molto giovane le sue dimensioni sono piuttosto ridotte: il picco per ora è stato di 3 trilioni di dollari complessivi, a fine 2021 (per riferimento pensiamo che l’oro ha una capitalizzazione di mercato di circa 11 trilioni di dollari).
    Per questo motivo oscillazioni del 10-20% (cifre impensabili in altri contesti) sono all’ordine del giorno. Solo nel 2021 e 2022 Bitcoin ha avuto ‘correzioni’ fino al 70% (!). In pratica chi ha comprato 1.000 euro di Bitcoin a Novembre 2021, a Giugno 2022 si è ritrovato con 300 euro.
    Alcune criptovalute tra le più importanti hanno perso fino al 90% del valore. Tra i progetti minori qualcuno addirittura il 97-98%.
  • C’è una differenza tra investitore e trader: il time frame, ovvero la cornice temporale di riferimento. Mentre il trader effettua compravendite anche giornalmente, cercando di sfruttare le fluttuazioni di prezzo a breve termine, l’investitore ragiona a lungo termine. Compra delle coin in cui crede e ha un piano impostato su mesi/anni e non su minuti/ore.
  • I mercati sono soggetti a cicli, ovvero fasi durante le quali i prezzi mostrano una tendenza a salire (mercato in rialzo o bull market) oppure a scendere (mercato in ribasso o bear market). I cicli possono essere più di uno simultaneamente, sovrapporsi, avvenire su diverse scale temporali e durare pochi giorni oppure anni.
    Il ciclo principale delle criptovalute al momento sembra essere quello di 4 anni innescato dall’halving di Bitcoin, ovvero il processo per il quale la quantità di nuovi Bitcoin creati si dimezza ogni 4 anni. La riduzione del numero di nuovi Bitcoin in circolo crea una diminuzione dell’offerta e quindi, a parità di domanda, un aumento del prezzo.
    Finora questo è successo tre volte, con gli halving del 2012, 2016 e 2020 (il quarto ad Aprile 2024). Nelle prime tre le occasioni si è verificato un bull market a partire da circa sei mesi dopo l’halving e per la durata di diciotto mesi, seguiti da circa due anni di bear market.
  • I mercati finanziari non sono razionali e non seguono le regole dell’economia. Funzionano ad emozioni e sono fortemente condizionati dallo stato emozionale dei partecipanti, che oscilla tra paura di perdere tutto e smania di fare soldi a palate.
    Mentre in economia quando un prodotto aumenta di prezzo oltre una certa soglia si verifica un naturale calo della domanda e conseguente abbassamento della quotazione, in finanza all’aumentare del prezzo si crea la sensazione euforica e irragionevole che questo andrà avanti ad aumentare indefinitamente. Si continua quindi a comprare anche se le cifre sono raddoppiate o anche triplicate.
    E’ così che nascono le famigerate bolle finanziarie. Ed è da questo fenomeno che scaturisce la regola d’oro di Warren Buffett: ‘Buy fear, sell greed’. Ovvero compra paura e vendi avidità.
    Quando a fine 2021 Bitcoin ha raggiunto la quotazione di 60.000 euro il mercato era in preda a entusiasmo e avidità, e commentatori e analisti aspettavano freneticamente un ritracciamento a 50.000 euro per approfittare dell’occasione e comprare a prezzo scontato prima della corsa verso i 100.000 euro. Invece Bitcoin sorprende tutti e in pochi mesi torna a 20.000 euro, il market sentiment si sposta dall’ottimismo alla paura e per tutto il 2023 si parla di ulteriori collassi imminenti a 8-10 mila euro, e di aspettare prima di posizionarsi.
    Va bene che ‘the trend is your friend‘, ma dov’è la logica in tutto questo? Non c’è. I migliori investitori sanno che siamo creature irrazionali: prima agiamo in base alle emozioni, poi razionalizziamo creando scuse sul perché abbiamo agito così. Chi lo capisce compra quando gli altri hanno paura, vende quando tutti sono euforici, e fa parte della minoranza che invece di perdere soldi investendo li guadagna. Ne è conferma il fatto che Bitcoin ha invece mantenuto i 16.000 euro per poi invertire rotta e raggiungere un nuovo e inaspettato massimo storico di 67.000 euro a Marzo 2024. 
  • Le criptovalute non sono semplicemente un mezzo di scambio di valore o un investimento: grazie alla tecnologia blockchain rappresentano soprattutto una enorme opportunità di trovare soluzioni alternative e anche rivoluzionarie all’inesauribile serie di problemi che è necessario risolvere in ogni campo.

Le Regole Irrinunciabili – Decalogo:Avvicinarsi alle criptovalute è da molti percepito come un modo di diventare ricchi in fretta. Niente di più lontano dalla realtà ovviamente.

Le criptovalute sono beni ad alto rischio, e per il 95% delle monete è molto più probabile che vadano a zero, piuttosto che ‘to the moon’…

Vediamo quindi un ulteriore insieme di considerazioni da tenere presenti prima di impegnare anche solo qualche euro.
Rileggiamo regolarmente questo decalogo per verificare di non averne persi di vista i principi:

  • Non investire prima di aver speso almeno qualche giorno a capire come funziona l’ecosistema di Bitcoin e delle criptovalute. Questo Blog è solo un esempio delle tante risorse gratuite presenti online, per cui non ci sono scuse.
  • Non investire cifre consistenti prima di aver accumulato almeno qualche mese (preferibilmente un anno) di esperienza nel gestire criptovalute.
  • Non investire soldi che non ci si può permettere di perdere.
  • Non investire soldi che ci servono per vivere nell’immediato futuro.
  • Non investire soldi presi in prestito.
  • Non investire più del 5-10% del proprio patrimonio.
  • Non investire in cose che non si capiscono.
  • Non investire in criptovalute altamente rischiose (ad esempio micro progetti oltre la posizione numero 500 nella graduatoria per capitalizzazione di mercato).
  • Non investire in progetti che improvvisamente sono di tendenza e/o promossi da più influencer.
  • Non investire in progetti che ci vengono consigliati da amici, colleghi o peggio ancora sui social.

Sembrano consigli scontati, ma una buona percentuale degli errori che si commettono sono dovuti a totale mancanza di conoscenze fondamentali sulle componenti sottostanti l’ecosistema cripto (blockchain, wallet, exchange, transazioni, indirizzi etc.).

La cosa ancora più impressionante è il numero di persone che il giorno prima non aveva neanche sentito nominare le criptovalute e il giorno dopo compra 1 trilione di ShibaDogeElonMoon per 1.000 euro 😉

Chi cade in simili ingenui e impulsivi sprechi di capitali (che potevano invece essere investiti in modo efficace), dimostra di aver bisogno, prima ancora che di nozioni tecniche o di qualsiasi pianificazione sulla gestione di un portfolio, di una riflessione sulle regole di buon senso cui attenersi nella vita per non buttare via soldi.

I Tipi di Criptovalute:Le criptovalute si possono classificare in diversi modi. I tre principali sono la tipologia tecnica, la categoria e la capitalizzazione di mercato.

Dal punto di vista tecnico abbiamo tre distinzioni:

  • Coin: si tratta della moneta nativa di una certa blockchain. Ad esempio Bitcoin sulla sua blockchain, Ether su Ethereum e ADA su Cardano.
  • Token: sono criptovalute che esistono sotto forma di contratto su blockchain di appoggio. Ad esempio tutti gli ERC20 token su Ethereum, i BEP20 su Binance, i TRC20 su Tron e i token SPL su Solana. Così come le coin, anche i token sono per lo più fungibili, ovvero liberamente scambiabili in quanto tutti identici.
  • NFT: sono token non fungibili, ovvero non intercambiabili, in quanto ognuno è un pezzo unico. Permettono tra le altre cose di certificare la proprietà di un bene digitale o fisico, senza terze parti che facciano da garante. Nella loro versione più comune sono oggetti da collezione digitali.

Venendo alle categorie, esistono numerosi modi di catalogare ogni criptovaluta. Non ci sono linee di demarcazione assolute, in quanto molte monete possono rientrare in più di un criterio.

Queste a grandi linee le tipologie più rilevanti:

  • Bitcoin: è la prima criptovaluta, creata come strumento di pagamento in un circuito alternativo alla finanza tradizionale. Ha nel tempo mostrato numerose altre applicazioni, tra le quali riserva di valore (oro digitale) e investimento.
  • Ethereum: è stata la prima blockchain ad aver approfondito la possibilità di gestire Smart Contract mediante il suo computer distribuito Ethereum Virtual Machine, che ha permesso di dare origine ai fenomeni della DeFi e degli NFT.
  • Altcoin: tutte le monete a parte Bitcoin sono considerate altcoin, incluso Ether, le stablecoin (vedi sotto) e tutti i token.
  • Exchange Token: sono criptovalute al centro del funzionamento di exchange centralizzati come BNB per Binance, CRO per Crypto.com e GT per Gate.io, oppure decentralizzati come UNI per Uniswap, CAKE per Pancakeswap e RUNE per Thorswap.
  • Ecosystem Coin: sono criptovalute alla base di un proprio ecosistema, come ad esempio DOT in Polkadot, ATOM in Cosmos, ADA in Cardano e MATIC in Polygon (oltre naturalmente a ETH in Ethereum). Ogni ecosistema è una piattaforma a sé stante che fornisce i mezzi per realizzare progetti e applicazioni decentralizzate (DApp) di qualsiasi tipo.
  • Utility Coin: sono tutte le monete che risolvono un problema e hanno un’applicabilità che va oltre il semplice mezzo di pagamento o riserva di valore, fornendo accesso a un prodotto o servizio.
    Sono considerati investimenti con ottimo potenziale perché le questioni che il mondo ha urgenza di affrontare sono innumerevoli e le criptovalute offrono soluzioni per risolverle con tecnologie e strategie all’avanguardia.
    Ad esempio Filecoin si propone di salvare in modo permanente la conoscenza dell’umanità e il Basic Attention Token ambisce a restituire agli utenti il controllo di privacy e attenzione mentre navigano online.
    Quasi tutte le criptovalute sono Utility Coin o Token: di fatto sia gli Exchange Token che le Ecosystem Coin possono essere considerati tali.
  • Payment Coins: monete che hanno come finalità principale l’essere usate come strumenti di pagamento. Ad esempio Bitcoin Cash, Litecoin e XRP.
  • Privacy Coins: monete che si concentrano sulla tutela della privacy dei soggetti coinvolti nelle transazioni, come Monero e Zcash.
  • DeFi: sono progetti che si propongono di promuovere e rendere disponibili a chiunque le soluzioni della finanza decentralizzata, come la possibilità di ottenere prestiti o rendite passive mediante protocolli che non richiedono autorità centrali o intermediari. Tra questi troviamo ad esempio Maker, AAVE e Compound.
  • NFT e Metaverso: sono tutte le criptovalute di progetti che gestiscono NFT e si occupano di realtà virtuale e metaverso, come ad esempio Decentraland o The Sandbox.
  • Governance Token: sono criptovalute che danno diritto a prendere parte al processo decisionale sul futuro della loro piattaforma, come avviene ad esempio su Dash, Curve e Synthetix.
  • Stablecoin: una categoria a parte è quella delle stablecoin. In sintesi una stablecoin è una criptovaluta il cui prezzo è stabile poiché ancorato a quello di una moneta fiat, tipicamente il dollaro statunitense.
    Il ruolo delle stablecoin è importantissimo, in quanto consentono di entrare e uscire dal mercato senza lasciare l’ecosistema criptovalute e, volendo, senza accedere a exchange centralizzati.
    Un altro vantaggio è quello di permettere di avere liquidità nel portfolio, per muoversi agilmente tra diverse posizioni, realizzare un profitto o approfittare di una fase ribassista per aumentare l’esposizione a una cripto che ci interessa.
  • Meme Coin: sono monete senza utilità, il cui ‘valore’ si basa unicamente sul seguito sui social media e la popolarità. Più che investimenti sono considerate gioco d’azzardo, e per questo si sono guadagnate il nomignolo denigratorio di ‘shitcoin’.

Per quanto riguarda la capitalizzazione di mercato, ovvero il valore complessivo di tutte le monete di un certo tipo attualmente in circolo, possiamo aiutarci con quattro differenziazioni, per orientarci tra le oltre ventimila criptovalute esistenti:

  • Large Cap (Top Cripto): le prime trenta.
  • Mid Cap: dalla trentesima alla centesima.
  • Small Cap: oltre la centesima.
  • Micro Cap: con capitalizzazione di mercato sotto i 50 milioni di euro (indicativamente dalla numero 500 in giù, e quindi da evitare se manteniamo fede al decalogo visto prima).
Le Large Cap sono considerate a basso rischio, le Mid Cap a medio rischio e le Small Cap ad alto rischio.

L’Allocazione e Diversificazione di un Portfolio:In questo articolo stiamo discutendo esclusivamente portfolio di criptovalute. Ma naturalmente l’intero portfolio cripto potrebbe a sua volta essere parte di un portafoglio di investimento più ampio che include ad esempio azioni, obbligazioni, metalli preziosi e contanti, e del quale le criptovalute fanno parte.

Per chi vuole approfondire rimando a questo intelligente articolo introduttivo apparso sulla Binance Academy. Qui ci basti sapere che un approccio prudente è quello di investire in criptovalute non più del 5-10% dei propri risparmi.

La progettazione di un portfolio deve tener conto di cinque aspetti:

  • I nostri obiettivi: cosa vogliamo ottenere? Il nostro portfolio sarà sempre un riflesso delle domande che ci poniamo e delle risposte che ci diamo. Se la risposta è ‘guadagnare il più possibile, anche se ci sono dei rischi’, avremo un certo tipo di portfolio. Se invece è ‘tenere una parte del patrimonio fuori dal sistema finanziario tradizionale e investire in tecnologie/progetti in cui credo e che voglio supportare’, sarà probabilmente diverso.
  • La nostra tolleranza al rischio: se abbiamo una bassa tolleranza al rischio le criptovalute, semplicemente, non fanno per noi. Anche il portfolio più moderato è comunque ad altissimo rischio considerata la volatilità del mercato e l’assetto ancora assolutamente pionieristico del settore.
  • La cornice temporale: va stabilito se preferiamo ragionare a breve, medio o lungo termine. Se ci spostiamo sul brevissimo termine si parla di trading, come accennato. Per il resto possiamo considerare il breve termine qualche settimana, il medio termine qualche mese e il lungo termine qualche anno.
  • La diversificazione e il numero di coin complessivo: quali monete vogliamo includere e in che quantità. Diversificare è un noto stratagemma per mitigare l’impatto di ribassi su determinati asset avendone altri che performano meglio o addirittura in direzione opposta, garantendo così un equilibrio ottimale.
    Se questo però è vero in portafogli tradizionali che includono diversi tipi di strumenti, il mercato cripto si muove quasi sempre all’unisono, per cui quando va bene Bitcoin va bene tutto, e viceversa. L’unico modo concreto di tutelarsi dalle oscillazioni di prezzo è orientarsi verso cripto top e soprattutto mantenere ampie allocazioni in stablecoin.
    In totale è raccomandabile detenere al massimo 10-12 coin. Difatti se si tratta di investimenti bisogna studiare, fare ricerca e seguire le novità e i continui aggiornamenti tipici in questo settore. Si rischia altrimenti di mancare eventi fondamentali come migrazioni su nuova chain o cambi di wallet ufficiale, che possono risultare nella perdita delle proprie monete. E’ evidente che posizionarsi in troppi progetti rende impossible stare al passo e che più diversifichiamo più lavoro c’è da fare per gestire il portfolio.
    Inoltre come abbiamo detto uno dei principi fondamentali è non investire in cose che non si capiscono, e più monete abbiamo meno è possibile comprendere il loro funzionamento.
    Infine va tenuto presente che diversificare comporta l’interazione con più blockchain e quindi potenzialmente con più wallet e soprattutto con un assortimento di exchange, per coprire tutte le criptovalute che abbiamo deciso di comprare.
  • La fase in cui si trova correntemente il mercato all’interno di un ciclo a lungo termine: l’orientamento verso un rischio maggiore o minore sarà influenzato dalla condizione del mercato. Durante un bear market tenderemo a stare su un portfolio meno rischioso, e durante un bull market su un portfolio più aggressivo.
    Anche l’andamento generale dell’economia mondiale ha un grande peso: in momenti di recessione saremo probabilmente più conservativi e in fasi di boom economico saremo più propensi al rischio.
Siccome in un bear market prolungato i prezzi calano in maniera significativa, con perdite che arrivano a superare il 90% dal picco del mercato è fondamentale una attenta valutazione del momento in cui entrare e uscire dalle proprie posizioni, per evitare di veder decimati risparmi ed eventuali profitti.

In un portfolio che si rispetti Bitcoin sarà ovviamente il re, seguito da Ethereum a distanza ravvicinata. Questi sono i due capisaldi di qualsiasi investimento equilibrato, perché hanno una lunga e consolidata storia e hanno finora dimostrato di resistere anche al più pesante bear market e di riuscire a mantenere una buona quotazione anche nei momenti peggiori.

Infatti, anche se quando Bitcoin è in fase rialzista le altre monete aumentano in maniera più marcata, quando è invece in fase di ribasso perdono in modo molto più sostanzioso. Di conseguenza una maggior quota di Bitcoin sarà la soluzione più semplice per rendere il portfolio più stabile e meno rischioso, come vedremo negli esempi.

Una fetta importante sarà poi dedicata alle altcoin large cap, mentre una percentuale minima riguarderà le altcoin mid e small cap.

Infine è utile detenere delle stablecoin per facilitare il ribilanciamento del portfolio e la realizzazione di eventuali profitti rientrando su fiat.

Per avere un’idea più precisa della correlazione tra Bitcoin e altcoin pensiamo che se ad esempio Bitcoin si deprezza del 10%, nelle altcoin principali (a esclusione di Ether che sarà più o meno allineato) si registreranno perdite del 15-20%, e nelle small cap anche del 25-30%.
Lo stesso avviene durante i rialzi, chiaramente in direzione opposta, ed è per questo che in un bull market ci si può concedere di esporsi maggiormente su coin più di nicchia.
In genere le oscillazioni di prezzo si riflettono sulle altre monete in maniera amplificata con un rapporto inversamente proporzionale alla loro capitalizzazione di mercato.

Un buon punto di partenza potrebbe essere il 75-80% del portfolio in Bitcoin e Ether, il 10-15% attingendo dal resto della top 10 e il 10% in stablecoin. Cosa che tra l’altro riflette l’approccio universalmente efficace della ripartizione 80/20 del principio di Pareto.

Deviare eccessivamente da questi riferimenti equivale a sovraesporsi. Liberissimi di farlo ovviamente, a patto come sempre di essere consapevoli di cosa si sta facendo.

Per ambire a realizzare i famosi x100 o anche x1000 è necessario cercare tra le small e micro cap. Bitcoin ed Ethereum non produrranno mai più un x100.
Per ritorni del genere bisogna passare al setaccio e studiare approfonditamente un gran numero di progetti fino a scovare le perle nascoste col potenziale di finire in futuro nella top 10.
Ricordando sempre che qualsiasi coin al di là della top 30 potrebbe verosimilmente valere zero un giorno.

Veniamo ora a tre esempi di portfolio, che indicativamente considereremo a basso, medio ed alto rischio, in base alla distribuzione percentuale dei vari asset interessati.

Dal punto di vista della cornice temporale penseremo a lungo termine, secondo il metodo chiamato ‘Hodl‘, basato sul comprare in un momento propizio e conservare per molto tempo.

Coinvolgeremo cinque tipi di asset, e la differenza consisterà nelle diverse allocazioni percentuali tra Bitcoin, Ethereum, Altcoin Large Cap, Altcoin Mid/Small Cap e Stablecoin.

Non contempleremo la possibilità di includere NFT, anche se possono costituire un ulteriore interessante diversivo.

Secondo alcuni investitori Ethereum è un progetto che andrà a perdere gradualmente mercato a causa dei limiti del network (le famose fees elevate e problemi di scalabilità che Ethereum 2.0 si propone di superare) e dell’agguerrita concorrenza.
Se però osserviamo attentamente e parliamo di decentralizzazione, a parte Cardano nessuno dei competitor sembra al momento in grado di mantenere quanto promette.
Alcuni soffrono di grossi limiti di centralizzazione (che, anche se in pochi sembrano curarsene, di fatto annientano i principi fondamentali della filosofia cripto), altri hanno avuto inammissibili ripetuti incidenti di blocco della rete, altri ancora hanno mostrato platealmente tutta la loro fragilità, come nel colossale fallimento dell’ecosistema Terra di Maggio 2022, o nell’ implosione dell’exchange FTX a Novembre 2022.

Considerati recenti sviluppi, con la SEC (Security Exchange Commission, l’ente regolatore che legifera sui titoli venduti negli USA) che afferma che solo Bitcoin non è una security (ovvero un titolo azionario), si può considerare ragionevole investire esclusivamente in Bitcoin, soprattutto sul lungo termine.
Infatti, se tali azioni legali andassero a buon fine ai danni di Ethereum, o Cardano o Ripple o Solana (solo alcuni esempi), le quotazioni di queste criptovalute potrebbero verosimilmente precipitare o addirittura collassare irreversibilmente.

Basso Rischio:Una distribuzione prudente parte da almeno 3/4 del portfolio in BTC e ETH. Simultaneamente rinunciamo del tutto all’idea di includere delle small cap.

Teniamo invece una buona quantità di stablecoin, sia per tutelarci che per ribilanciare agevolmente le percentuali.

  • Bitcoin: 50%
  • Ethereum: 25%
  • Large Cap: 10%
  • Mid/Small Cap: 0%
  • Stablecoin: 15%
  • Bitcoin: 50%
  • Ethereum: 25%
  • Large Cap: 10%
  • Stablecoin: 15%

 

Medio Rischio:Muovendoci verso un rischio superiore aumentiamo la quantità di altcoin, sia aggiungendo large cap che iniziando a integrare anche un poco di mid e small cap.

Naturalmente per farlo riduciamo le quote dedicate a Bitcoin ed Ethereum. Per lasciare più spazio alla speculazione diminuiamo anche la percentuale di stablecoin.

  • Bitcoin: 40%
  • Ethereum: 20%
  • Large Cap: 20%
  • Mid/Small Cap: 10%
  • Stablecoin: 10%
  • Bitcoin: 40%
  • Ethereum: 20%
  • Large Cap: 20%
  • Stablecoin: 10%
  • Mid/Small Cap: 10%

 

Alto Rischio:Spingendoci verso gli estremi dell’alto rischio lasciamo a Bitcoin ed Ethereum solo il 50% del nostro portfolio, riduciamo ulteriormente la percentuale di stablecoin e diamo ampio spazio soprattutto alle altcoin, visto che nei momenti favorevoli se scelte con cura possono garantire profitti consistenti.

  • Bitcoin: 35%
  • Ethereum: 15%
  • Large Cap: 30%
  • Mid/Small Cap: 15%
  • Stablecoin: 5%
  • Bitcoin: 35%
  • Ethereum: 15%
  • Large Cap: 30%
  • Stablecoin: 5%
  • Mid/Small Cap: 15%

 

Per i più avventurosi nel 15% di allocazione delle small cap possiamo inserire un paio di punti percentuali di micro cap, delle quali abbiamo parlato in questo articolo dedicato.

Esistono diverse filosofie riguardo le stablecoin: mentre maggiori percentuali riducono notevolmente il livello di rischio del nostro portfolio, fino ad azzerare di fatto l’esposizione alla volatilità delle criptovalute, ne inibiscono allo stesso tempo i potenziali ritorni.

Cosa Scegliere:Per quanto riguarda le fette minori del nostro portfolio possiamo scegliere le migliori coin di ciascuna categoria, tra quelle più prestigiose o a nostro avviso più promettenti, facendo come sempre una solida ricerca preventiva.

Per partire gran parte di ciò che serve è disponibile su CoinMarketCap, sito specializzato nei mercati delle criptovalute, che ha delle stupende pagine dedicate a ogni progetto, anche se non tutto è tradotto in italiano.

In ogni scheda di approfondimento troviamo non solo descrizioni e analisi di mercato ma anche tutti i link a siti e canali ufficiali, contratti, explorer e social, per cui è possibile iniziare a scoprire un certo ecosistema e farsi un’idea piuttosto rapidamente. Lo stesso vale per l’altro sito di riferimento, CoinGecko.

In generale sul web c’è grande abbondanza di materiale. Dobbiamo solo fare attenzione a collegarci a siti legittimi e a non farci ammaliare dagli influencer presenti su YouTube e altre piattaforme: molti sono assolutamente in buona fede, ma c’è anche chi promuove subdolamente progetti con cui ha delle affiliazioni e che potrebbero non essere la scelta migliore per i nostri obiettivi.

Per aiutarci a scegliere con cognizione di causa in questo articolo di approfondimento troviamo una sintesi delle verifiche da fare prima di acquistare qualsiasi criptovaluta.

Strategie:I portfolio di base esaminati si fondano tutti sull’idea di conservare le monete in wallet non custodial, dei quali deteniamo le chiavi private, tenendole fuori da qualsiasi ulteriore attività.
In pratica scegliamo un exchange, le compriamo, scegliamo un wallet e le trasferiamo nel wallet.

Anche se garantisce la massima protezione delle criptovalute comprate, questo approccio è considerato una strategia passiva, in quanto lasciamo che l’unico profitto realizzabile sia quello correlato all’oscillazione di prezzo di quanto in nostro possesso.

Se invece decidiamo di mettere a frutto le monete acquistate, si parla di strategia attiva.

Esistono numerosi strumenti per fare in modo che Bitcoin, Ethereum e quasi ogni altra criptovaluta producano una rendita automatica per il solo fatto si detenerle.

Nella maggior parte delle circostanze però questi metodi comportano l’esposizione a ulteriori rischi, dei quali in molti sembrano farsi carico con una certa leggerezza, forse non capendo bene le implicazioni di come stanno gestendo il loro patrimonio.

Ad esempio è risaputo che, anche se gli incentivi sono spesso invitanti, conservare criptovalute in wallet custodial (come ad esempio quelli degli exchange) è estremamente rischioso, a causa della possibilità che il nostro account o la piattaforma vengano compromessi o addirittura spariscano.

Per questi motivi, per chi desidera sperimentare, potrebbe essere utile contemplare la possibilità di avere un portfolio principale a strategia passiva e uno minore a strategia attiva, o in alternativa una piccola parte di portfolio dedicata a strategie attive (ad esempio ottenendo interessi solo sulle stablecoin).

Esploriamo rapidamente alcune delle opzioni disponibili, dalla meno rischiosa alla più rischiosa:

  • Lasciare le monete in staking all’interno del proprio wallet. Lo staking è il processo che permette di ottenere ricompense su una certa criptovaluta se si è disposti a bloccarla per un determinato periodo di tempo.
    Gli interessi possono essere allettanti e le condizioni variano da Cardano che non richiede di firmare contratti vincolanti e neanche di bloccare le monete (quindi rischio zero), a progetti basati su contratti che espongono le cripto messe a disposizione ai rischi dovuti sia a possibili bug o attacchi, che all’avere le monete impegnate proprio in un momento di forte rialzo o ribasso del mercato.
  • Lasciare le monete in staking su un exchange. In questo caso l’exchange si occupa di tutte le procedure di gestione delle ricompense, sollevando l’investitore dal dover studiare come districarsi tra wallet, validatori, indirizzi e contratti senza fare errori.
    Il tipico incentivo a rimanere su exchange viene però soprattutto dai sostanziosi interessi che molte strutture pagano a chi lascia in deposito determinate monete, che possono arrivare a superare il 20%.
  • Lasciare le monete in staking in piattaforme di finanza centralizzata (CeFi) come Nexo o BlockFi. Gli interessi sono notevoli. I rischi pure. Il punto è che, come con gli exchange, rinunciamo all’eliminazione dell’intermediario, una delle motivazioni cardine alla base della nascita di Bitcoin, e torniamo a metterci nelle mani di una autorità centrale, della quale dobbiamo fidarci e riguardo la quale dobbiamo sperare che vada tutto liscio.
  • Lasciare le monete in soluzioni di liquidity pool o farming su piattaforme di finanza decentralizzata (DeFi). Anche in questo caso gli interessi sono consistenti, ma i rischi diventano ancora più alti, considerata la possibilità non solo che qualcosa non funzioni a livello di protocollo e contratti ma anche di incorrere nell’impermanent loss (perdita dovuta all’asimmetrica oscillazione di prezzo delle cripto messe a disposizione).
  • Usare le monete come collaterale. Significa letteralmente rinunciare alla detenzione delle proprie criptovalute, dandole in garanzia per ottenere prestiti e generare profitti in investimenti paralleli, nei quali il numero di cose che possono andare storte aumenta esponenzialmente.
Molte di queste strategie sono letteralmente bombe a orologeria. Non compriamo dei Bitcoin per poi lasciarli su un exchange o usarli come collaterale. Mentre la sua blockchain è sicura e inattaccabile, i protocolli esterni sono abbondantemente sperimentali (notiamo in quanti compare in bella vista la dicitura ‘beta’), oltre che deregolamentati.
La DeFi è estremamente promettente, e non è questione di non credere nella tecnologia, ma di riconoscere lo stadio ancora pionieristico delle potenzialità che offre.

In sintesi decidere di far fruttare il proprio portfolio non solo tramite le oscillazioni prezzo ma anche ottenendo interessi è uno strato strategico aggiuntivo del quale va valutato, ancora una volta, il rapporto rischi/benefici.

E’ chiaro che ci si sposta facilmente verso soluzioni estreme che possono rendere molto ma anche portare, come successo in più di una occasione, alla perdita di tutto il proprio capitale.

All’estremo opposto potremmo decidere di creare un portfolio zero stress, che compriamo, conserviamo in hardware wallet e stabiliamo a priori di non toccare per 10 anni. Ad esempio 60% BTC, 30 % ETH e 10% la singola altcoin in cui crediamo di più. Anche questo, nella sua semplicità, è un esempio di strategia.

Gestione:Una volta creato, un portfolio necessita di essere gestito adeguatamente. Più ci saremo orientati verso soluzioni ad alto rischio, più numerose le criptovalute coinvolte, maggiore sarà lamanutenzionerichiesta, in termini non solo di lavoro ma anche di stress, come abbiamo visto.

E’ incredibile quanto tempo ed energie ci vogliono per seguire i mercati, rimanere aggiornati sui progetti e fare aggiustamenti.

I tre punti essenziali della gestione sono:

  • Il monitoraggio: per tener traccia di cosa succede con le nostre cripto possiamo avvalerci di numerosi strumenti.
    Innanzitutto i grafici di Trading View per seguire l’andamento dei prezzi di Bitcoin o qualsiasi altra moneta, ma anche dell’intera capitalizzazione di mercato delle criptovalute e di alcuni parametri di analisi tecnica.
    In secondo luogo abbiamo a disposizione utilissimi indici come il ‘Fear & Greed Index, che ci serve per capire in che condizioni è il market sentiment.
    Infine la componente più importante: i portfolio tracker, nei quali possiamo inserire le criptovalute che abbiamo, la quantità, la data e il prezzo di acquisto, e poi controllare l’andamento, i profitti o perdite, e le variazioni di distribuzione percentuale.
    Due ottimi strumenti sono i tracker gratuiti dei già citati CoinMarketCap e CoinGecko.
  • Il ribilanciamento: la frequenza del ribilanciamento dipende dall’orizzonte temporale che abbiamo stabilito e dal livello di rischio del nostro portfolio. Potrebbe essere una volta al mese, una volta a trimestre, oppure all’occorrenza ogni volta che un aumento di valore di un settore sbilancia l’equilibrio percentuale tra i vari asset.
    Concretamente si tratterà di vendere le criptovalute che sono aumentate di prezzo, incrementare il posizionamento su quelle che sono diminuite, entrare e uscire da stablecoin e così via.
  • Correzioni di tiro: nel tempo possiamo scegliere di fare aggiustamenti sulla strategia, sul numero di monete detenute, aggiungere, togliere, spostarci su cripto diverse e aumentare o diminuire il rischio, ad esempio se il mercato passa improvvisamente da bear a bull o viceversa.

Gestire fondi comporta inevitabilmente un coinvolgimento emozionale. E’ importante tenere a mente di non farsi prendere da avidità e paura, rimanere lucidi a dispetto delle condizioni del mercato e non agire mai sulla base di forti emozioni, soprattutto nelle situazioni estreme.
Le criptovalute vanno dichiarate, sia per quanto riguarda la detenzione che per quanto riguarda le tasse da pagare sugli eventuali profitti. E’ necessario rivolgersi a fiscalisti e commercialisti competenti in materia per essere certi di operare nel rispetto delle normative vigenti.

Conclusioni:

Una volta che conosciamo queste regole possiamo sempre infrangerle e decidere quanto esporci e quanto rischiare.

La differenza sostanziale è che lo staremo facendo consapevolmente, capendo i rischi coinvolti ed accettando l’eventuale prezzo da pagare. Dettagli di non poco conto.

Ci salutiamo ribadendo che questo sito si occupa di assistenza tecnica: questo articolo ha scopo esclusivamente informativo e non costituisce consulenza finanziaria.

Risorse correlate:

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